3 Giugno
Penultimatum e metamorfosi di Conte
Il presidente del Consiglio ha scelto un modo singolare per sbloccare lo stallo a Palazzo Chigi. Poteva rivolgersi alle Camere, salire al Quirinale, usare la via istituzionale, ma ne ha scelto una che parla direttamente agli elettori, apre un suo spazio politico e non risolve la crisi nell'esecutivo. Il cambiamento non è del governo, ma del premier
Roma, Palazzo Chigi, parla il presidente del Consiglio Giuseppe Conte:
Non resto per vivacchiare, serve condivisione.
Le regole Ue vanno rispettate finché non vengono cambiate.
Io sempre equidistante tra le due forze politiche.
Sì alla riforma fiscale ma non solo sulle aliquote.
Leale collaborazione significa che ciascun ministro si concentra sul proprio senza prevaricare. Leale collaborazione significa che se si hanno questioni politiche da sollevare non si lanciano segnali ambigui sui giornali, ma se ne parla innanzitutto con il presidente del Consiglio.
Chiedo dunque a entrambe le forze politiche, di operare una chiara scelta e di dirmi, dirci se hanno intenzione di osservare ancora il contratto di governo ovvero se preferiscono riconsiderare questa decisione.
Non posso essere certo della sua durata, non dipende solo da me, ma posso assicurarvi che questo sarà il governo del cambiamento fino all'ultimo giorno.
Se i comportamenti non saranno trasparenti rimetterò il mandato nelle mani del presidente della Repubblica.
Il penultimatum è arrivato. Abito blu, cravatta viola, pochette, viso teso e ciuffo in libera uscita, Giuseppe Conte ha fatto la sua rappresentazione a Palazzo Chigi per cinquantuno minuti e trenta secondi e tutti si chiedono: e ora? Calma e gesso, dicono i giocatori di biliardo. Ma questa non è la nobile arte del panno verde e della stecca, è la politica e siamo nel pieno del gioco del cerino che passa vorticosamente da una mano all'altra. Dopo le elezioni europee Salvini aveva passato lo zolfanello acceso a Di Maio, il quale ha provato a spegnere la fiamma con il plebiscito via internet sulla sua persona, operazione riuscita a metà perché se ha chiuso il problema personale della leadership è alle prese con il problema aperto del governo dove i Cinque Stelle sono partito di maggioranza e il presidente del Consiglio è espressione di quel partito (o no?).
Per...
Roma, Palazzo Chigi, parla il presidente del Consiglio Giuseppe Conte:
Non resto per vivacchiare, serve condivisione.
Le regole Ue vanno rispettate finché non vengono cambiate.
Io sempre equidistante tra le due forze politiche.
Sì alla riforma fiscale ma non solo sulle aliquote.
Leale collaborazione significa che ciascun ministro si concentra sul proprio senza prevaricare. Leale collaborazione significa che se si hanno questioni politiche da sollevare non si lanciano segnali ambigui sui giornali, ma se ne parla innanzitutto con il presidente del Consiglio.
Chiedo dunque a entrambe le forze politiche, di operare una chiara scelta e di dirmi, dirci se hanno intenzione di osservare ancora il contratto di governo ovvero se preferiscono riconsiderare questa decisione.
Non posso essere certo della sua durata, non dipende solo da me, ma posso assicurarvi che questo sarà il governo del cambiamento fino all'ultimo giorno.
Se i comportamenti non saranno trasparenti rimetterò il mandato nelle mani del presidente della Repubblica.
Il penultimatum è arrivato. Abito blu, cravatta viola, pochette, viso teso e ciuffo in libera uscita, Giuseppe Conte ha fatto la sua rappresentazione a Palazzo Chigi per cinquantuno minuti e trenta secondi e tutti si chiedono: e ora? Calma e gesso, dicono i giocatori di biliardo. Ma questa non è la nobile arte del panno verde e della stecca, è la politica e siamo nel pieno del gioco del cerino che passa vorticosamente da una mano all'altra. Dopo le elezioni europee Salvini aveva passato lo zolfanello acceso a Di Maio, il quale ha provato a spegnere la fiamma con il plebiscito via internet sulla sua persona, operazione riuscita a metà perché se ha chiuso il problema personale della leadership è alle prese con il problema aperto del governo dove i Cinque Stelle sono partito di maggioranza e il presidente del Consiglio è espressione di quel partito (o no?).
Per sapere, per capire che cosa è successo dobbiamo spacchettare quello che abbiamo visto a Palazzo Chigi. Andiamo con ordine.
1. Il discorso. Siamo di fronte a un unicum, una prima volta della storia politica italiana: un presidente del Consiglio che si rivolge al "popolo" da Palazzo Chigi e chiede ai due vicepremier - che sono i leader della maggioranza - di sostenere il suo governo che non è formalmente in crisi, ma dal punto di vista sostanziale è con un piede nella fossa reale e l'altro in una vita virtuale.
2. Il giro giusto. Tutto quello che abbiamo visto è irrituale. In un sistema normale - e la politica italiana non lo è da molto tempo - il premier può tranquillamente riferire alle Camere sulla situazione politica, rivolgersi e fare un appello ai gruppi parlamentari, lasciare agli atti un suo discorso, poi salire al Quirinale per un colloquio con il Presidente della Repubblica che lo attende per un secondo giro dopo i contatti avuti con le forze di maggioranza. È un giro d'orizzonte che non ha bisogno di aperture formali di crisi, è una fase di ascolto e preparazione della crisi di governo o del suo rilancio. Questo era il giro giusto.
3. L'altra via. Conte ha scelto un'altra strada e si potrebbe perfino esclamare un "però" di stupore, di sorpresa, in fondo ha avuto la dignità di piazzare le dimissioni sul tavolo, nel gergo del Palazzo, tecnicamente, si direbbe che "ha avuto le palle". Certo, quello è l'effetto scenico, ma dura poco e se il governo è già cotto, allora tanto vale giocare tutte le carte e vedere l'effetto che fa, all in. Ma dalla mano più o meno a sorpresa del premier emerge una strategia di gioco al tavolo verde che va oltre la singolarità, rivela le difficoltà e innesca quattro domande:
a. perché Conte non si è rivolto alle Camere?
b. perché Conte manda un messaggio agli elettori?
c. perché Conte fa un discorso in cui riepiloga il programma di governo già noto?
d. perché Conte parla di "fase 2" quando il governo è lo stesso?
Queste domande bastano a dipingere lo scenario.
Conte non è un leader di partito, non è eletto, la sua forza non deriva da un'investitura popolare, il suo rapporto è con un partito che lo ha indicato per Palazzo Chigi (il Movimento Cinque Stelle) e il suo vincolo non è quello del leader carismatico con il corpo elettorale, ma la fiducia che ha avuto dalle Camere come capo del governo. Conte è una figura tutta interna alle istituzioni, non ha una proiezione emotiva con l'esterno. Per queste ragioni - proprio secondo la Costituzione a cui egli ha fatto riferimento come guida della sua azione - avrebbe dovuto parlare a Montecitorio e poi andare al Quirinale.
Conte non lo ha fatto, ha scelto di parlare direttamente agli elettori e questo significa che egli intende il suo ruolo oltre quello dell'investito dai partiti, forse immagina di avere un seguito popolare o di poterlo costruire un domani, probabilmente pensa di poter colmare un vuoto che oggettivamente esiste e si sta ampliando al centro della mappa dei partiti per effetto della polarizzazione del dibattito pubblico. Il comportamento di Conte è quello tipico di chi si sta ritagliando uno spazio politico autonomo per il futuro, tanto che ha sottolineato la sua indipendenza rispetto ai Cinque Stelle (ma serviva come strumento retorico nei confronti della Lega), ha criticato duramente la politica fatta via social, i like, cioè lo strumento di persuasione usato da Di Maio e Salvini, si propone come un profilo moderato del populismo pentastellato ma non troppo, un cattolico moderato in un paese senza moderazione, forse spendibile domani in un altro format di governo. Naturalmente questo spazio politico, questo varco (ammesso che esista, un giorno) egli può usarlo o no, può continuare a fare il premier se il corto circuito nella maggioranza viene riparato, può proseguire la sua avventura politica anche dopo esser stato a Palazzo Chigi, può tornare a vita privata e fare l'avvocato senza il suffisso "del popolo", ma il fatto politico esiste, Conte da stasera è ancor meno un potere neutro di quanto già non lo fosse ieri, è un premier che si muove come un soggetto che cerca spazi vitali. Resta alleato di Di Maio, ma in un'altra dimensione. Il cambiamento non è del governo, ma del premier.
Conte ha snocciolato i punti di un programma di legislatura, ma vi ha insistito come se fosse il preambolo di un altro racconto, de facto ha rivendicato la sua esistenza nell'ingranaggio del potere, la sua funzione indispensabile all'interno del duumvirato Di Maio-Salvini, il tono era quello del "cari, guardate che poi le cose vanno realizzate" e bisogna passare da qui, il governo è una cosa diversa dalla campagna elettorale, un mestiere che non è il vostro, materiale da maneggiare con cura. In questo Conte ha ragione, ma lo ha fatto sempre mettendo al centro la sua figura e addirittura dando una serie di istruzioni sul come devono funzionare i rapporti nella maggioranza. Qui è emersa tutta l'inesperienza di Conte: nessun presidente del Consiglio ha mai goduto di quel tipo di rapporto ordinato che ha elencato il premier, Palazzo Chigi è sempre stato un casino per chiunque, l'anarchia ministeriale una costante, la solitudine del premier un elemento da lettino psichiatrico, il peso è schiacciante per chiunque, solo che nei ministeri nella Prima Repubblica in Parlamento e al governo c'erano molti purosangue e qualche brocco, nella Seconda Repubblica c'era gente che si arrangiava a fare il mestieraccio quotidiano e qualche vero talento, nella Terza sono arrivati quelli senza arte né parte. Tutto qui, il resto della storia ricalca esattamente il passato, con gli scazzi, le incomprensioni, i vertici e le crisi, gli sfanculamenti e i silenzi e semmai qui si evidenzia la scarsa cultura proprio per il fatto che non sanno neppure fare la crisi. E neanche Conte, nonostante egli pensi il contrario, sa giocare bene le sue carte, se fosse andato al Quirinale oggi sarebbe più forte, perché tutti si sarebbero chiesti: "Cosa si sono detti con Mattarella?" e "cosa nasconde Conte nella manica?". Oggi niente, domani si vedrà. Conte ha aperto un suo spazio politico, ma non risolve la crisi nell'esecutivo.
Conte parla di "fase 2", ma in realtà siamo ampiamente dentro la "fase 1" del governo che ha appena un anno di vita e gran parte dei provvedimenti ancora sospesi a mezz'aria, servono decreti attuativi e molto altro olio e grasso negli ingranaggi della burocrazia. Quando il premier parla di "fase 2" implicitamente segnala che vi è stata una rupture nella storia del governo. E questa rottura è il voto europeo. Il rapporto tra Cinque Stelle e Lega è inesorabilmente invertito, è successo un sottosopra, non è una "fase 2" ma un racconto completamente nuovo dove la Lega chiede che vengano messi in calendario e approvati i suoi provvedimenti. Il resto non conta nulla e si capisce dal "tiro dritto" di Salvini e dei leghisti.
A cosa è servito tutto questo? Qualcuno dice che così Conte ha rimesso il cerino nelle mani di Salvini. Francamente non funziona, perché l'appello non è a uno, ma a entrambi i leader, che stasera hanno detto di esser pronti a sostenere il governo, ma subito dopo hanno continuato a marciare divisi. Conte non ha sbloccato il percorso, semmai lo ha reso più accidentato, chi si fida di uno che fa di testa sua un numero come questo? Se quello era il disegno, è fallito in partenza: Salvini misurerà la durata del governo con i sì alle sue proposte, ammesso che la Lega abbia realmente voglia di andare avanti. Il leader leghista avrà davanti una clessidra con la sabbia che scorre, è il tempo del logoramento intrinseco in qualsiasi alleanza di governo (guardate cosa sta accadendo nella Grosse Koalition tedesca che al confronto è un orologio svizzero) e a un certo punto dovrà dire basta, fermare tutto e andare al voto. E potrebbe accadere anche subito, al minimo accenno di corpo a corpo su questioni che la Lega considera superate, prioritarie e pronte a passare al voto delle Camere. La realtà è diversa dai buoni propositi mascherati, tanto che la radiografia dello stato di salute del governo arriva dal ministro Danilo Toninelli, il quale fa puntualmente la parte del Toninelli: "Le parole di Salvini su Venezia? Sono stufo delle sue stupidaggini. La sospensione del codice degli appalti? Provocazioni della Lega". La verità involontaria e il fatto reale: non c'è accordo nella maggioranza sul provvedimento sblocca-cantieri. L'autoscontro è sempre acceso.
E così Salvini continua a fare comizi fino a giovedì, dice "non vedo l'ora di tornare al lavoro, bocca chiusa e fatti" e fonti della Lega fanno sapere il leader leghista "sarà disponibile il 6 e il 7 giugno", mentre Di Maio chiede un vertice di maggioranza subito, "domani", cosa di cui non si vede nemmeno l'ombra, anche perché il premier sarà in Vietnam. E la vera giungla è a Roma.
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contenuti è espressamente vietata.
8.3 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
9. Manleva
9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
onorari degli
avvocati, spesa o danno addebitato al Fornitore o in cui il Fornitore dovesse comunque incorrere in
conseguenza di usi
impropri del Servizio da parte dell'Utente o per la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi
derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.