7 Agosto

Potere e egemonia culturale. Da Gramsci alla Lega

Governo e maggioranza nel paese, presenza nelle istituzioni e nella cultura. La crisi della tradizionale classe colta, l'emersione di un nuova élite non solo nelle università, a scuola, nei giornali, nelle case editrici. Un'indagine di Lorenzo Castellani, dal teorico del "nuovo e moderno Principe" alla pop politics di Salvini

di Lorenzo Castellani

Egemonia culturale. Intorno a questa espressione la sinistra italiana ha costruito le sue vittorie e le sue maledizioni. Se i proletari volevano assumere il potere, sosteneva Gramsci, occorreva strappare alla borghesia la sua egemonia culturale. L’ideologia dominante doveva cambiare padrone. Le casematte del potere culturale, giornali, libri, università, scuola, andavano conquistati per propagandare il nuovo messaggio marxista e preparare la rivoluzione. L’intellettuale sardo scriveva dal carcere e qualche anno dopo il Partito Comunista Italiano eseguiva. Alla Democrazia Cristiana, dopo il 1948, il potere per consenso e per legami internazionali, al PCI l’opposizione ed il controllo della cultura. Università, scuola, giornali, case editrici. Un radicamento profondo nella classe colta, tra gli insegnanti, i professori e i professionisti baby-boomers che da quell’Italia nasceranno, che saranno sessantottini e, poi, gangli del potere organico. Una classe intellettuale potente e preparata, spesso con un rapporto controverso con il partito, ma sempre di sinistra e sempre unita contro gli avversari. Roma, Milano, Torino, Bologna e Napoli le sue sedi storiche, i salotti buoni della cultura italiana. La maturazione, in quegli anni, di un approccio pedagogico e ortopedico, volto ad educare e correggere le masse. Si perdeva lo scettro del comando politico, si guadagnava quello della cultura. 

Un'illustrazione su Antonio Gramsci, teorico del "nuovo Principe" e del concetto di egemonia 

La piccola, media e alta borghesia votava compatta per la DC ed i suoi partiti alleati, operai e contadini per il PCI. C’era l’egemonia culturale e c’erano anche le masse, la parte meno istruita e povera della popolazione. Mancava la classe media, che all’epoca cresceva, e spostava l’ago della bilancia a favore dei democristiani. Così fino alla fine degli anni settanta quando la fine del compromesso storico, l’omicidio di Moro, i cambiamenti economici e la diffusione della televisione commerciale aprirono una nuova fase...


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