19 Marzo
Pragmatismo e draghismo
Prima conferenza stampa di Mario Draghi a Palazzo Chigi. Una rivoluzione di stile e sostanza. Risposte dense, un tocco di humour, un programma chiaro di vaccinazione e ricostruzione. Atlantista e europeista con la bussola dell'interesse nazionale. "Prenderò il vaccino di AstraZeneca, nessun dubbio"
Zero ansia, una parola chiave, "pragmatismo", una conferenza stampa vera con le domande dei giornalisti e un premier che risponde senza il tono dell'Armageddon, senza il "consentito", "proibito", la commedia dei dpcm e le dirette su Facebook. Una rivoluzione di stile e sostanza, Draghi.
Il premier ha presentato il decreto legge da 32 miliardi per il sostegno all'economia annunciando un nuovo scostamento di bilancio per integrare un intervento che non considera ancora ottimale ("nel 2021 i soldi non si chiedono, si danno"); ha fissato il punto sul piano di vaccinazione (più di 500 mila dosi al giorno a regime) e bacchettato le "Regioni che vanno in ordine sparso" e così non va"; spiegato che il condono delle cartelle esattariali è limitato (si riferisce fino a 10 anni fa) e che occorre "una riforma della riscossione"; ribadito la sua attenzione per la scuola ("sarà la prima a riaprire") e il turismo ("tornerà a prosperare"); spiegato quali sono le regole di ingaggio con l'Unione europea, prima riprendendo la linea Merkel sul vaccino Sputnik e il fatto che se "il coordinamento Ue non va, allora si fa da soli", poi fissando un principio chiave sull'utilizzo dei prestiti dell'Unione, compreso il Mes che con questi tassi di interesse non è più conveniente e in ogni caso va valutato alla luce di un piano per la Sanità "altrimenti si rischia di buttare soldi"; acceso il radar su "oltre 100 progetti fermi, serve una semplificazione". Pragmatismo.
La differenza con il passato è abissale, non solo quello recente. Draghi ha chiaramente molte marce in più rispetto ai leader che si sono succeduti negli ultimi trent'anni. Le sue risposte sono di una densità tale che ci puoi fare un paio di titoli, ha una vena sottile di humour che non va mai sopra le righe, quando risponde non cerca mai la...
Zero ansia, una parola chiave, "pragmatismo", una conferenza stampa vera con le domande dei giornalisti e un premier che risponde senza il tono dell'Armageddon, senza il "consentito", "proibito", la commedia dei dpcm e le dirette su Facebook. Una rivoluzione di stile e sostanza, Draghi.
Il premier ha presentato il decreto legge da 32 miliardi per il sostegno all'economia annunciando un nuovo scostamento di bilancio per integrare un intervento che non considera ancora ottimale ("nel 2021 i soldi non si chiedono, si danno"); ha fissato il punto sul piano di vaccinazione (più di 500 mila dosi al giorno a regime) e bacchettato le "Regioni che vanno in ordine sparso" e così non va"; spiegato che il condono delle cartelle esattariali è limitato (si riferisce fino a 10 anni fa) e che occorre "una riforma della riscossione"; ribadito la sua attenzione per la scuola ("sarà la prima a riaprire") e il turismo ("tornerà a prosperare"); spiegato quali sono le regole di ingaggio con l'Unione europea, prima riprendendo la linea Merkel sul vaccino Sputnik e il fatto che se "il coordinamento Ue non va, allora si fa da soli", poi fissando un principio chiave sull'utilizzo dei prestiti dell'Unione, compreso il Mes che con questi tassi di interesse non è più conveniente e in ogni caso va valutato alla luce di un piano per la Sanità "altrimenti si rischia di buttare soldi"; acceso il radar su "oltre 100 progetti fermi, serve una semplificazione". Pragmatismo.
La differenza con il passato è abissale, non solo quello recente. Draghi ha chiaramente molte marce in più rispetto ai leader che si sono succeduti negli ultimi trent'anni. Le sue risposte sono di una densità tale che ci puoi fare un paio di titoli, ha una vena sottile di humour che non va mai sopra le righe, quando risponde non cerca mai la telecamera come robot, ma il giornalista ("dov'è?") che gli ha fatto la domanda, ha esperienza, carisma, ma si nota anche il suo procedere sempre più in scioltezza con il passare dei giorni. Draghi per la politica politicante è un bulldozer.
Sul piano politico si destreggia come un consumato protagonista della vita pubblica. Atlantismo e europeismo - lo ha ribadito anche stasera - sono i pilastri della posizione dell'Italia nel mondo e su questi poggia l'azione del suo governo, ma con una dichiarata autonomia da accendere decisamente (pensate al blocco delle esportazioni dei vaccini quando violano i contratti stipulati con il governo) quando i forum di cooperazione internazionale non funzionano (come l'Unione europea nel caso dei vaccini), in quel caso, la guida diventa il pilota automatico dell'interesse nazionale che trova la soluzione con il "pragmatismo" più volte richiamato dal premier.
Draghi ha colto perfettamente uno dei problemi principali dell'ingranaggio istituzionale nell'anarchia delle politiche regionali, potenziato dalla pessima riforma del titolo V della Costituzione (2001, votata dall'allora Ulivo). Ha puntato il dito contro la giungla normativa quando ha parlato dei progetti fermi. L'inevitabile dialettica di un governo d'unità nazionale non è un problema se la "bandiera" di questo o quel partito (non ci sono solo quelle della Lega, tutti ne hanno e emergeranno nel corso della vita dell'esecutivo) diventa un'occazione per discutere, trovare un compromesso che ha sempre un limite invalicabile: non danneggiare l'Italia. L'alchimia di Draghi è quella di saper tenere insieme un governo che per molti sembrava impossibile da costruire e oggi non solo va, ma non ha nessuna alternativa, neppure nel voto perché il sistema istituzionale prima ha bisogno di una robusta messa a punto, soprattutto di una legge elettorale che indichi un vincitore chiaro, la responsabilità di chi governa il paese.
Il vero tema dei prossimi mesi sarà quello del "draghismo". Chi e come sarà capace di interpretare il programma politico di Draghi, le sue idee, la sua agenda, la scomposizione e ricomposizione del quadro dei partiti che è in pieno svolgimento. Non sarà lui a fare un partito, non ci sarà un partito di un altro Mario, ma è lampante che siamo a un punto di svolta. Quel pragmatismo evocato più volte in conferenza stampa ha bisogno di un movimento politico trasversale, l'homo faber che fa politica.
In Europa la sua presenza al vertice del governo dell'Italia è un fatto che ha già avuto un effetto: il nostro paese nella scena internazionale ha cambiato assetto e aspetto, non si può fare una sola mossa senza tener conto di quanto può dire e fare l'Italia. La fine dell'era Merkel ha aperto per noi una finestra d'0pportunità, un capitolo nuovo. Si è già manifestato un asse con Macron più volte in questi giorni (sul caso AstraZeneca e non solo), la Germania sta vivendo un momento difficile con la storica coalizione dell'Unione (Cdu e Csu) che sta crollando nei consensi, l'ascesa dei Verdi e delle forze conservatrici. L'Italia può giocare la sua parte con una forza che prima non aveva. Sia chiaro, siamo un paese con un immenso debito pubblico e un Mezzogiorno da reinventare, con milioni di poveri e un sistema statale da rifondare, ma siamo anche la seconda manifattura d'Europa e abbiamo una capacità di resistenza alle avversità notevole. Siamo italiani e accanto ai nostri grandi difetti ci sono anche i grandi pregi.
Questo stato d'eccezione è passato attraverso due esperimenti falliti: nel 2018 con il governo Frankenstein tra Cinque Stelle e Lega e poi con il governo giallorosso del ribaltone dell'estate del 2019 e l'ingresso del Partito democratico in un'alleanza con i pentastellati che era destinata a fare crac come quella giallo-verde. La crisi del sistema ha prodotto la comparsa dello sconosciuto e del trasformista al governo - Giuseppe Conte, già avvocato del popolo e poi populista in progress - e così da un tonfo all'altro, tra una diretta Facebook e il cuoricinamento su Instagram, in un eterno Grande Fratello sceneggiato dal Casalino, è poi tracimato nell'occasione insperata, quella di cambiare il nostro quadro politico. Il Big Bang del sistema. Sta accadendo. Si può tornare indietro? Il rischio esiste, ma la pandemia non poteva restare a lungo come un capitolo dell'emergenza permanente, una fase buona solo per consolidare piccoli disegni politici personali. Avete notato? Conte senza l'allure della poltrona e del banchetto in piazza è praticamente scomparso. Mario Draghi è arrivato - e qui su List ne avevamo visto in anticipo la figura emergere dalla notte della Repubblica - per l'implosione del sistema e del partito che quel sistema in questi anni lo ha incarnato meglio (e peggio), il Partito democratico.
Visto il bagliore della Supernova dei partiti che esplodeva, Beppe Grillo (uno che pensa meglio di quanto appaia), ha spostato subito il Movimento Cinque Stelle sull'agenda draghista, a costo di provocare una scissione nella sua creatura, tingendo di verde un partito che resta irrimediabilmente ingiallito, provando a rigenerarlo ben conoscendone i limiti strutturali. Enrico Letta ha fatto altrettanto non appena ha preso possesso del timone del Pd, "il governo Draghi è nostro ", ha detto il segretario dem, ben sapendo che metà del suo partito non la pensa così e si illude di essere una "cosa" di sinistra quando in realtà è un piccolo establishment autoreplicante, lontanissimo dal mondo dell'impresa, del lavoro, della fabbrica che continua a essere l'unica prospettiva possibile per un Occidente smarrito tra i pixel della Silicon Valley. L'automazione dell'incoscienza. La Lega a sua volta ha mostrato di poter cambiare campo, è ancora un'opera in fieri, ben lontana dall'essere forma compiuta, ma il solo fatto di essere al governo con Draghi, di aver votato il Recovery Fund, è un passo avanti. Salvini dovrà farne altri - importanti - per giocare le sue carte nel 2023, perché Draghi è un enzima che scatena reazioni chimiche a catena, ben altro accadrà. Basta guardare la litigiosa costellazione dei piccoli partiti centristi (Italia Viva, +Europa, Azione, etc.), il loro ruolo è residuale, possono solo coalizzarsi o sciogliersi come neve al sole. Grandi e piccoli, l'orologio per tutti fa tic tac.
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10. Limitazione di responsabilità
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di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.