28 Agosto
Problemi di oggi (Di Maio) e domani del Conte bis
Il ruolo del capo dei grillini è un ostacolo: vuole ancora fare il vicepremier e il ministro (della Difesa). Il Pd non può dare il via libera a un rimpastone. Che governo sarà e quali sono le differenze tra Cinque Stelle e Pd? Lorenzo Castellani fa un'indagine sulla collisione dei due mondi
Il governo Conte bis è all'ultimo miglio e mancano poche ore - le consultazioni al Quirinale si chiudono con i Cinque Stelle alle 19.00 - alla fine della crisi. La fine? Forse no, perché come sempre è nell'ultima parte del film che avvengono i colpi di scena. Nella notte il negoziato si è incartato di nuovo, come abbiamo scritto su List il tema è il ruolo futuro di Luigi Di Maio. Sembra ridicolo (e lo è) ma al suo destino politico è appeso un governo del G7. La politica non finisce mai di stupire. Da Trump che fa l'endorsement di Conte, allo stallo sulla poltrona di un ministro che vuol fare Paganini senza esserlo, ripetersi. Tutti cercano il bis.
Di Maio vuole fare il vicepremier e il ministro della Difesa (dopo aver puntato senza successo al Viminale), la cosa per il segretario del Pd Nicola Zingaretti è inaccettabile e il motivo è semplice: Giuseppe Conte non è più un premier terzo (non lo è mai stato, era una finzione), ma il presidente del Consiglio del Movimento Cinque Stelle, dunque il vice deve essere del Pd e solo uno. Logico. Non con Di Maio. Che vuole restare vicepremier e anche ministro (alla Difesa, ripetiamo, alla Di-fe-sa), una richiesta che il Pd non può far passare perché è già stata dura digerire Conte e confermare Di Maio nei suoi incarichi finirebbe per trasformare il Conte bis in un rimpasto con il Pd che prende il posto della Lega. Non proprio un prodotto politico nuovo di zecca, presentabile al pubblico e commerciabile con successo.
Il problema di Di Maio si è presentato ieri sera insieme al voto sulla piattaforma Rousseau, dunque sul governo tra Cinque Stelle e Pd si esprimerà la base (elettronica) e anche qui s'è aperta una crepa con il Pd...
Il governo Conte bis è all'ultimo miglio e mancano poche ore - le consultazioni al Quirinale si chiudono con i Cinque Stelle alle 19.00 - alla fine della crisi. La fine? Forse no, perché come sempre è nell'ultima parte del film che avvengono i colpi di scena. Nella notte il negoziato si è incartato di nuovo, come abbiamo scritto su List il tema è il ruolo futuro di Luigi Di Maio. Sembra ridicolo (e lo è) ma al suo destino politico è appeso un governo del G7. La politica non finisce mai di stupire. Da Trump che fa l'endorsement di Conte, allo stallo sulla poltrona di un ministro che vuol fare Paganini senza esserlo, ripetersi. Tutti cercano il bis.
Di Maio vuole fare il vicepremier e il ministro della Difesa (dopo aver puntato senza successo al Viminale), la cosa per il segretario del Pd Nicola Zingaretti è inaccettabile e il motivo è semplice: Giuseppe Conte non è più un premier terzo (non lo è mai stato, era una finzione), ma il presidente del Consiglio del Movimento Cinque Stelle, dunque il vice deve essere del Pd e solo uno. Logico. Non con Di Maio. Che vuole restare vicepremier e anche ministro (alla Difesa, ripetiamo, alla Di-fe-sa), una richiesta che il Pd non può far passare perché è già stata dura digerire Conte e confermare Di Maio nei suoi incarichi finirebbe per trasformare il Conte bis in un rimpasto con il Pd che prende il posto della Lega. Non proprio un prodotto politico nuovo di zecca, presentabile al pubblico e commerciabile con successo.
Il problema di Di Maio si è presentato ieri sera insieme al voto sulla piattaforma Rousseau, dunque sul governo tra Cinque Stelle e Pd si esprimerà la base (elettronica) e anche qui s'è aperta una crepa con il Pd che parla di "sgarbo istituzionale". Sintesi: il Conte bis è ancora in bilico, ma con un accordo sul nome del premier, già domani il Presidente Mattarella potrebbe dare l'incarico e poi concedere un po' di giorni ai partiti per sbrogliare la matassa degli incarici di governo, insomma discutere e scannarsi sulle poltrone finché non arriva un accordo.
Le differenze di stile, di cultura politica, di posizionamento, di idea di Stato, di politica estera, tra Cinque Stelle e Pd sono enormi. Si sono ritrovati insieme in un patto anti-Salvini e funziona come sempre il collante del potere. Non c'è niente di straordinario in tutto questo, è la politica. Ma le divisioni esistono e come abbiamo fatto per il Governo Frankenstein, è bene mettere subito nero su bianco - il compito tocca a Lorenzo Castellani - quali sono quelle strutturali, i punti dove un cedimento è possibile e letale. Perché è su queste linee di frattura che poi nasceranno i problemi di sopravvivenza del nuovo esecutivo giallo-rosso. Se e quando nascerà. Il problema della durata è un tema di differenza e di distanza. La giornata è appena iniziata, l'agenda è quella del Quirinale, i tempi li detta il Presidente Mattarella. Sì, viviamo tempi interessanti. Forse troppo.
La frattura tra istituzioni e consenso democratico
Ieri nemici, oggi alleati, domani si vedrà. Nicola Zingaretti e Luigi Di Maio (Foto Ansa)di Lorenzo Castellani
Mettiamo subito una cosa in chiaro: non c’è nessun golpe. Il governo giallo-rosso dal punto di vista della legalità costituzionale e delle forme del sistema politico italiano non ha niente di sbagliato. Era l’altra alternativa al governo Frankenstein che usciva dalle urne del 2018. Salvini ha rotto la coalizione, calcolato male l’asse già esistente tra avversari ed ex alleati, soppesato in modo errato il sistema di potere che si trovava di fronte e si muoveva per impedire la marcia elettorale trionfale al centrodestra.
Se nelle forme è tutto legittimo, della sostanza e dell’opportunità politica si può e si deve dubitare. Poiché, se il Conte bis con il Pd verrà varato, si aprirà ulteriormente la frattura tra paese legale e paese reale, tra istituzioni e consenso democratico. La vicenda di questi giorni ha evidenziato le molteplici falle del sistema e dell’antisistema, mostrato debolezze, trasformazioni e spietate organizzazioni di potere. Andiamo con ordine, analizziamo le tre posizioni in campo partendo da chi ha voluto questa crisi.
La Lega un mese fa era al massimo storico nei sondaggi, con un alleato scomodo ed ingombrante sul piano parlamentare ed un Governo che non funzionava più bene già da quando era iniziata la campagna elettorale per le Europee. Salvini ha raggiunto il suo apice nelle urne a maggio e, dopo qualche tentennamento, ha aperto la crisi con un colpo a sorpresa nella settimana di Ferragosto. Quasi tutti hanno considerato la mossa del leghista sbagliata nei tempi per le scadenze sulla legge di bilancio, ma il vero errore è stato strategico più che temporale. Le cattive informazioni che aveva a disposizione il ministro dell’Interno ed il senso di onnipotenza instillato dal successo popolare lo hanno portato a sottovalutare il patto di potere che si muoveva sull’altra sponda. Preso dalle urne piene, Salvini ha lasciato i palazzi vuoti. Non si è assicurato, prima di aprire la crisi, che una fetta consistente dei parlamentari pentastellati restasse con lui per sventare l’accordo con il Partito Democratico.
Riaffiora in questo caso un problema storico della destra italiana che è rimasto irrisolto sin dal 1994: non si governa un Paese con i soli consensi elettorali. Senza una classe dirigente dentro e soprattutto fuori dai partiti, intorno e dentro lo Stato, con uomini ben disposti nella profondità delle istituzioni e del mondo editoriale e culturale, qualsiasi spinta popolare resta a mezza via. O non si dispiega bene a sufficienza l’azione di governo o si resta tagliati fuori al primo errore strategico.
E qui veniamo al secondo punto, cioè la relazione con i Cinque Stelle. Paradossalmente, infatti, la “alleanza dei barbari” era più facile rispetto a quella che si sta cercando faticosamente di inaugurare in questi giorni. Salvini viene dalla politica della strada e da una lunga tradizioni di un partito piccolo e territoriale, Di Maio dalla macchina dello spin del blog e dal movimento di protesta; sono creature nuove che non erano mai state iniziate prima al grande rito del potere nelle sue multiformi sfaccettature. Entrambi i partiti nel 2018 rappresentavano l’anti-sistema, l’avversione al patto del Nazareno, la rottura con la vecchia classe politica e sono stati l’espressione di un certo grado di euroscetticismo. Il loro approccio iniziale con le istituzioni è stato grottesco: Mattarella non ha accettato un ministro proposto dalla Lega (Paolo Savona all’Economia), i 5 stelle ne hanno chiesto l’impeachment. In quella trattativa la frattura tra paese legale e paese reale, vecchi poteri ed uomini nuovi venne portata ai massimi livelli. Alla fine, nonostante le pressioni dell’establishment per una alleanza tra PD e 5 Stelle, i due barbari si sono messi insieme dando vita al governo Frankenstein. Un esecutivo male assortito, ma con una sua coerenza ideologica di fondo ossia quella di aver inaugurato il primo governo nazional-populista d’Europa. E che, per certi versi, ricomponeva nord e sud del Paese, oltre che popolo ed istituzioni.
Poi, dopo pochi mesi, è iniziata la trasformazione del Movimento Cinque Stelle. E qui arriviamo al secondo punto. Il Movimento è una scatola vuota, sottolineano in molti analisti, forte proprio perché pronto ad adattarsi ad ogni situazione. Flessibile e sinuoso come la seta cinese. Se si guarda con maggiore profondità storica però questa interpretazione appare come una evidente banalizzazione. La creatura di Grillo e Casaleggio è un movimento anti-politico tout court, anti establishment ed eurocritico che nasce e cresce come risposta al governo Monti, ai fallimenti della dita del Partito Democratico, alle delusioni di Berlusconi e, più in generale, alla lotta contro la Casta, che ha intercettato grandi consensi nel momento peggiore della crisi economica e sociale di questa decade. Non nasceva come partito ideologico, è vero, ma aveva una sua ben precisa identità che, nelle trattative del 2018, lo ha portato a preferire Salvini al Pd per i motivi sopra descritti. Era più facile giustificare l’alleanza con la nuova Lega che quella col vecchio e perdente Partito Democratico. Entrambi i partiti avevano condotto con successo la stessa battaglia: far saltare un nuovo patto del Nazareno tra Pd e Forza Italia che si stagliava all’orizzonte con la benedizione di Bruxelles, rompere con la vecchia classe politica e con l’eredità della stagione renziana. Il governo Frankenstein era una strana bestia, ma meno mostruosa di quella che si sta tentando di impacchettare in queste ore.
Cosa è poi successo ai Cinque Stelle? Inesperienza e leggerezza ideologica si pagano così, dopo aver ottenuto il Reddito di Cittadinanza ed aver esaurito le proposte forti, la Lega ha iniziata a prevalere sul partner di governo con una linea politica efficace su due temi molto sentiti dagli italiani, immigrazione e tasse. Smarriti e con la pistola del programma politico scarico i pentastellati si sono aggrappati al loro vincolo esterno, il premier Giuseppe Conte. Del tutto sconosciuto al grande pubblico, il Professore è una creatura più vicina al vecchio mondo che al nuovo. Cresciuto in importanti studi legali della Capitale, legato al mondo cattolico di sinistra, sempre allineato al Presidente della Repubblica. Dal punto di vista antropologico e sociale il Presidente del Consiglio è più vicino agli esponenti del Pd che a quelli del Movimento.
Conte ha ben coltivato la propria immagine istituzionale e si è progressivamente inserito nella dinamica relazionale tra Salvini e Di Maio. Dapprima come mediatore e poi come oppositore di veti. Ha rinfocolato le frizioni tra i due partiti mentre si assicurava buona reputazione in Europa, al Quirinale, alle ambasciate e persino tra gli elettori, con una dinamica simile a quella di Gentiloni, premier moderato e apprezzato seppure senza voti. Il suo diventare un corpo estraneo di crescente importanza nell’azione di governo ha però destabilizzato la coalizione. Galeotto della rottura è stato il voto europeista per confermare Ursula von der Leyen alla presidenza dell’UE e la progressiva istituzionalizzazione del Movimento, divenuto nei modi e nei rapporti per istituzionali per mezzo di Conte sempre più simile al Partito Democratico. Il Movimento ha così divorziato dalla propria base e dalla missione originaria, si è legato sempre di più all’intreccio di potere che un denunciava come sistema deleterio, la paura della perdita del posto ha fatto il resto.
Attraverso questa mutazione, arriviamo al terzo elemento, il Partito Democratico. Che cos’è il Pd? E’ un partito che dal 2008 ha perso, con la coalizione del centrosinistra, tutte le elezioni politiche a cui ha partecipato. Tuttavia, è sempre stato al governo tra il 2011 ed il 2018 ed ha fatto parte della maggioranza che ha eletto gli ultimi tre presidenti della Repubblica (prima come DS e Margherita, poi come Pd). I democratici sono, prima di tutto, un sistema di potere. Una macchina d’interessi che coagula numerose corporazioni: magistrati, accademici, alti funzionari, cooperative, gruppi editoriali, mondo della cultura e dell’arte, pezzi grossi del capitalismo clientelare italiano. Come abbiamo già notato su queste colonne le case matte del potere sono in crisi, l’egemonia culturale assediata, ma se serve è ancora possibile un colpo di reni. Certo, in questo scenario frammentato, la forza negoziale e di condizionamento è sempre più bassa. Gli stessi fortini editoriali della sinistra sono divisi tra chi vuole il voto e chi l’accordo con i 5 stelle. Tuttavia, questo sistema di potere che si estende con ampie alleanze dentro lo Stato italiano e anche a Bruxelles è ancora in grado di supportare manovre di palazzo spericolate a legislatura in corso, seppur con sforzo sempre maggiore.
Questa incarnazione del sistema emerge anche nelle attuali trattative con i Cinque Stelle. Per il leader pentastellato Luigi Di Maio il Partito Democratico è il partito dell’establishment, intavolare un accordo con un partito di sistema complica le cose rispetto alla nascita della relazione con la Lega. Per il Movimento si tratta di una mutazione potenzialmente mortale poiché l’accordo significa trasformarsi in un medio partito di centro costretto a subire l’agenda europeista. Un partito, di fatto, affiliato al vecchio sistema di potere che voleva combattere. Tutto l’elettorato che si era riconosciuto nel messaggio di rottura dei cinque stelle si rifugerebbe nell’astensione oppure migrerebbe verso destra. Il sistema, almeno per un certo periodo, diventerebbe bipolare: sistema contro anti-sistema, destra contro sinistra, paese legale contro paese reale. E questa volta il Movimento passerebbe dall’altra parte della barricata.
Tutte queste complessità confluiscono all’interno del potenziale accordo di potere. Che piega prenderebbe il sistema politico italiano? Da una parte una destra incattivita, che si sente vittima dei giochi di palazzo e che lancerebbe un’Opa sull’elettorato grillino estremizzando, con buone probabilità, il suo messaggio anti-establishment ed euroscettico. Dall’altra un centrosinistra anomalo formato da un Partito Democratico sempre più asserragliato nelle istituzioni e diviso internamente a cui si aggiungerebbe un Movimento istituzionalizzato e addomesticato. Forse, perché non è scritto che la metamorfosi si completi. E qui ricadono tutti i rischi della trattativa per il Partito Democratico. Il governo può nascere, ma per quanto può durare? Quanto aspetteranno Renzi da un lato ed i cinque stelle più recalcitranti all’accordo col Pd a guardare i sondaggi e decidere di far saltare il nuovo esecutivo? Quanto i pentastellati potranno ancora concedere al partito dell’establishment dopo il burrascoso ribaltamento della maggioranza? Il governo giallo-rosso rischia di assomigliare molto al governo Prodi del 2006, con le stesse debolezze ed incognite, ma con nomi peggiori, una nascita ben più travagliata perchè parlamentare e non elettorale ed un clima sociale più instabile.
Quante ipoteche e debolezze saranno disposti a sopportare i diversi contraenti del nuovo patto di potere?
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in base al contenuto del pacchetto di volta in volta selezionato dall'Utente.
6.3 L'Utente ha la facoltà di disattivare il Servizio in qualunque momento prima della scadenza del periodo
di prova
attraverso una delle modalità indicate nel precedente articolo 3).
7. Obblighi e garanzie dell'Utente
7.1 L'Utente dichiara e garantisce:
- di essere maggiorenne;
- di sottoscrivere l'Abbonamento per scopi estranei ad attività professionali, imprenditoriali, artigianali
o commerciali
eventualmente svolte;
- che tutti i dati forniti per l'attivazione dell'Abbonamento sono corretti e veritieri;
- che i dati forniti saranno mantenuti aggiornati per l'intera durata dell'Abbonamento.
7.2 L'Utente si impegna al pagamento del corrispettivo in favore del Fornitore nella misura e con le
modalità definite
nei precedenti articoli.
7.3 L'Utente si impegna ad utilizzare l'Abbonamento e i suoi contenuti a titolo esclusivamente personale, in
forma non
collettiva e senza scopo di lucro; l'Utente è inoltre responsabile per qualsiasi uso non autorizzato
dell'Abbonamento e
dei suoi contenuti, ove riconducibile all'account dell'Utente medesimo; per questo motivo l'Utente si
impegna ad
assumere tutte le precauzioni necessarie per mantenere riservato l'accesso all'Abbonamento attraverso il
proprio account
(per esempio, mantenendo riservate le credenziali di accesso ovvero segnalando senza ritardo al Fornitore
che la
riservatezza di tali credenziali risulta compromessa per qualsiasi motivo).
7.4 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
8. Tutela della proprietà intellettuale e industriale
8.1 L'Utente riconosce e accetta che i contenuti dell'Abbonamento, sotto forma di testi, immagini,
fotografie, grafiche,
disegni, contenuti audio e video, animazioni, marchi, loghi e altri segni distintivi, sono coperti da
copyright e dagli
altri diritti di proprietà intellettuale e industriale di volta in volta facenti capo al Fornitore e ai suoi
danti causa
e per questo si impegna a rispettare tali diritti.
8.2 Tutti i diritti sono riservati in capo ai titolari; l'Utente accetta che l'unico diritto acquisito con
il contratto
è quello di fruire dei contenuti dell'Abbonamento con le modalità e i limiti propri del Servizio. Fatte
salve le
operazioni di archiviazione e condivisione consentite dalle apposite funzionalità del Servizio, qualsiasi
attività di
riproduzione, pubblica esecuzione, comunicazione a terzi, messa a disposizione, diffusione, modifica ed
elaborazione dei
contenuti è espressamente vietata.
8.3 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
9. Manleva
9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
onorari degli
avvocati, spesa o danno addebitato al Fornitore o in cui il Fornitore dovesse comunque incorrere in
conseguenza di usi
impropri del Servizio da parte dell'Utente o per la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi
derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.