26 Luglio
Quei grandi italiani lontani dal sistema all'italiana
Sergio Marchionne e Mario Draghi. Il manager del secolo dell'automobile e l'uomo più potente d'Europa. Lorenzo Castellani esplora due figure il cui talento è emerso perché non imbrigliato dalla ragnatela di rapporti del nostro Paese dai poteri autoreferenziali.
di Lorenzo Castellani
Quando questa decade, i dieci anni di crisi economica che vanno dal 2008 a oggi, verrà esaminata dagli storici internazionali i due italiani che verranno, con ottime probabilità, maggiormente ricordati saranno Sergio Marchionne e Mario Draghi.
I due, seppur molto diversi tra loro, hanno dei punti di contatto nel racconto di questo spaccato di storia italiana. Prima di tutto nessuno dei due è un politico. Uno è un manager che è rimasto in Italia fino alla scuole medie per poi formarsi tra Canada, Svizzera e Stati Uniti e l'altro è un banchiere che ha iniziato con Banca d'Italia ma si è specializzato al MIT di Boston, passando per la Banca Mondiale e Goldman Sachs fino alla nomina come governatore della BCE.
Sergio Marchionne è l'icona del manager moderno: si è fatto da solo, è un lavoratore infaticabile, ha cumulato lauree e specializzazioni, sviluppato una visione globale attraverso incarichi diversissimi tra loro, mostratosi poco incline al compromesso sia dentro che fuori l'azienda e flessibile quanto basta per cambiare tutto. Mario Draghi è un Richelieu del sistema finanziario che ha sommato esperienze nel settore pubblico e privato, è stato presente nel mondo istituzionale, accademico e finanziario, vicino alla politica ma senza mai bruciarsi con essa, ha saputo trattare con capi di governo e alti burocrati in Italia e in Europa, gestire abilmente i rapporti con i media e imporre spesso le proprie idee al resto delle istituzioni europee.
Il primo è un rappresentante del nuovo "capitalismo dei CEO" che ha preso una azienda quasi morta e l'ha riconvertita in un gruppo globale e ramificato. Ha sommato insieme le virtù del buon amministratore (azzerando i debiti) e quello dello stratega (comprendendo che senza creare un mega-agglomerato non c'era vita nel settore dell'auto). Le aziende, infatti, stanno diventando sempre di più...
di Lorenzo Castellani
Quando questa decade, i dieci anni di crisi economica che vanno dal 2008 a oggi, verrà esaminata dagli storici internazionali i due italiani che verranno, con ottime probabilità, maggiormente ricordati saranno Sergio Marchionne e Mario Draghi.
I due, seppur molto diversi tra loro, hanno dei punti di contatto nel racconto di questo spaccato di storia italiana. Prima di tutto nessuno dei due è un politico. Uno è un manager che è rimasto in Italia fino alla scuole medie per poi formarsi tra Canada, Svizzera e Stati Uniti e l'altro è un banchiere che ha iniziato con Banca d'Italia ma si è specializzato al MIT di Boston, passando per la Banca Mondiale e Goldman Sachs fino alla nomina come governatore della BCE.
Sergio Marchionne è l'icona del manager moderno: si è fatto da solo, è un lavoratore infaticabile, ha cumulato lauree e specializzazioni, sviluppato una visione globale attraverso incarichi diversissimi tra loro, mostratosi poco incline al compromesso sia dentro che fuori l'azienda e flessibile quanto basta per cambiare tutto. Mario Draghi è un Richelieu del sistema finanziario che ha sommato esperienze nel settore pubblico e privato, è stato presente nel mondo istituzionale, accademico e finanziario, vicino alla politica ma senza mai bruciarsi con essa, ha saputo trattare con capi di governo e alti burocrati in Italia e in Europa, gestire abilmente i rapporti con i media e imporre spesso le proprie idee al resto delle istituzioni europee.
Il primo è un rappresentante del nuovo "capitalismo dei CEO" che ha preso una azienda quasi morta e l'ha riconvertita in un gruppo globale e ramificato. Ha sommato insieme le virtù del buon amministratore (azzerando i debiti) e quello dello stratega (comprendendo che senza creare un mega-agglomerato non c'era vita nel settore dell'auto). Le aziende, infatti, stanno diventando sempre di più organizzazioni esponenziali con a capo un solo comandante, il Chief Executive Officer, il manager-azionista.
Il secondo rappresenta l'ascesa rampante dei poteri non elettivi, pubblici ma isolati dalla politica. Se c'è un esempio di "sovranità europea" quella è la Banca Centrale Europea, soprattutto dopo l'era Draghi che ne ha rafforzato le funzioni. La banca centrale è un potere neutro, nascosto, tecnocratico e permanente. E' l'istituzione più potente d'Europa e il suo governatore è l'uomo più potente dell'Unione Europea. Questa non regola soltanto l'offerta di moneta ma attraverso la stessa influisce sui sistemi bancari nazionali, sui salari dei lavoratori europei, sul potere d'acquisto, sugli interessi dei prestiti e sulla politica economica degli stati. Quello della Banca Centrale Europea è un potere immenso sottratto al controllo democratico di cui pochi si sono accorti o amano parlare. Se sovrano è colui che decide sullo stato d'eccezione la crisi del debito sovrano ha dimostrato che nell'eurozona il sovrano è il governatore della Banca Centrale Europea.
Marchionne ha rilanciato la più importante azienda italiana e per farlo ha distrutto un sistema politico-sindacale. E' uscito da Confindustria e dalla contrattazione collettiva, respinto incentivi pubblici e smesso di chiedere aiuti di Stato, inaugurato una nuova fase incentrata sugli accordi aziendali e sulla produttività. Così ha rimesso in piedi un gruppo, lo ha espanso e ha aumentato l'occupazione. Non è abbastanza, sostengono i critici, pochi sul lavoro si poteva fare di più. Difficile fare di meglio in un settore con così tanta automazione e in un Paese inospitale per il business come l'Italia, lo difendono i sostenitori del modello Marchionne. La nuova Fiat ha invertito il rapporto tra impresa e politica: non è la prima ad aver bisogno della seconda per ottenere sovvenzioni pubbliche, ma la seconda a necessitare della prima per non perdere posti di lavoro. Cioè è stato possibile perché l'ex CEO aveva intuito che serviva costruire un gruppo globale sia per competere sul mercato internazionale che per liberarsi delle catene della politica italiana.
Mario Draghi, invece, ha salvato l'euro "whatever it takes", ma anche su di lui le pagine di storia si scontreranno. Un pezzo d'Europa lo considera troppo italiano, la spina nel fianco che con il quantitative easing ha tolto le castagne dal fuoco ai paesi indebitati e fiscalmente irresponsabili come Italia e Grecia. Per altri non è niente più che l'espressione del sistema di poteri sovranazionali, un membro della Troika, un rappresentante del pensiero economico dominante e spietato disegnatore di piani di risanamento. Certo Draghi non si tirò indietro quando il suo Paese venne politicamente commissariato per eseguire un programma scritto più nelle stanze di Bruxelles che in quelle di Roma, così come non ha mai fatto mancare dichiarazioni a favore di un forte condizionamento dei programmi elettorali da parte delle istituzioni europee. "Le riforme vanno avanti con il pilota automatico" si lasciò sfuggire ad una conferenza stampa a sottintendere che chiunque governi negli Stati-membri il piano economico-finanziario dell'Unione Europea andrà avanti lo stesso, come se la democrazia contasse fino ad un certo punto. Un punto molto in basso nella scala delle gerarchie valoriali europee.
Grandi personalità, inevitabilmente controverse. Certo è che la storia internazionale di questi ultimi dieci anni nella casella "Italia" scriverà i loro due nomi e non altri. Sono stati gli unici due italiani di grande rilievo internazionale in campo politico ed economico, forse proprio perché così poco italiani. Entrambi di formazione americana, lontani dalla mentalità del “sistema Italia”, dalla sua politica democratica. Una politica popolata da impotenti, in parte a causa della loro scarsa qualità in parte perché è cambiata irrimediabilmente la democrazia e la politica nazionale conta di un peso specifico sempre minore.
Ciò definisce i contorni di una riflessione finale sull'Italia. Un Paese in grado di produrre individualità capaci di avanzare con successo nel mondo, ma di farlo soltanto distaccandosi dal suo sistema politico-sindacale-istituziona
Tuttavia, i Marchionne a Detroit e i Draghi a Bruxelles del presente e del futuro non basteranno a tenere ancorato il Paese alla prima fila dei paesi sviluppati. Solo un più ampio sforzo nell'organizzare meglio le istituzioni, nel disegnare meccanismi per trattenere o richiamare i migliori e nell'investire sull'istruzione d'eccellenza può farlo. Chi dai banchi del governo intende perseguire il cambiamento da lì dovrebbe cominciare poiché oggi di minoranze creative, di personalità storiche, d'individui e gruppi eccezionali non se ne vedono. Almeno nella politica italiana.
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9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
onorari degli
avvocati, spesa o danno addebitato al Fornitore o in cui il Fornitore dovesse comunque incorrere in
conseguenza di usi
impropri del Servizio da parte dell'Utente o per la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi
derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
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essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.