9 Gennaio

Quella volta che incontrai il regime iraniano. In Italia

L'eliminazione di Soleimani e l'Occidente in guanti bianchi. Tutto iniziò nel 1979 quando Khomeini tornò a Teheran salutato dall'opinione pubblica come l'uomo della speranza. Poi arrivò la teocrazia delle guerre, della forca e delle fucilazioni. Un viaggio nella storia e un ricordo personale di Marco Patricelli: quando l'ambasciatore dell'Iran venne a Pescara, chiese una stanza per pregare e...

di Marco Patricelli

Il generale iraniano Soleimani nella propaganda di regime è stato elevato a eroe e martire, con tutti i benefit laici e religiosi. Per i parametri occidentali l’eroe e martire è tutt’altro che un nobile cavaliere senza macchia e senza paura. Tanto che gli Usa lo consideravano una pericolosissima mente votata al terrorismo e all’instabilità mondiale, e per tale è stato eliminato con quello che tecnicamente si chiama “omicidio mirato”. L’ordine di attivare il drone micidiale è partito dal presidente Donald Trump e ha innescato le critiche, i distinguo, le eccezioni e le questioni di lana caprina tipiche dell’opinione pubblica su opportunità e modalità. Quella occidentale, ovviamente, poiché quella orientale ha dato subito fuoco alle polveri delle promesse di vendetta, delle minacce urlate, dei toni apocalittici, sino ai faraonici plurifunerali con scene di isterismo collettivo, lacrime a favor di telecamera, e i soliti morti calpestati e schiacciati che a quelle latitudini non fanno neppure statistica.  Due mentalità, due tare, due modi di parametrare i valori della vita.

Parlandone con il titolare di List, mi è tornato alla mente un episodio della fine degli Anni Novanta, che non ebbe alcun rilievo nazionale ma forse avrebbe dovuto, esplicativo della doppia morale. L’ambasciatore dell’Iran a Roma, in visita di cortesia a Pescara, a un tratto chiese al sindaco della città dannunziana una stanza per pregare. Il sindaco non ci pensò due volte, e col senso dell’ospitalità abruzzese, offrì la sua, di stanza. L’ambasciatore entrò assieme a un attaché che ne uscì poco dopo chiedendo di rimuovere il ritratto del presidente della Repubblica, la bandiera italiana e, naturalmente, il crocifisso. Il primo cittadino, preso forse in contropiede e per non tradire quel senso dell’ospitalità, face quanto reclamato: da un lato piena disponibilità e flessibilità, quindi, dall’altro intolleranza manichea e inflessibilità ideologica. La...


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