28 Novembre
Radiografia della "new class" dominante
È ricominciata la lotta di classe, ma le parti non sono più quelle di un tempo. Marco Gervasoni esplora la "nuova classe" del 10 per cento. Ricca, cosmopolita, sempre in jet, si contrappone alla "classe nazionale" o "periferica". La collisione tra la "gauche kérosène" e i gilet gialli in diesel. Storia, libri, immaginario e conflitto.
di Marco Gervasoni
La lotta di classe è ricominciata e non so come abbigliarmi. Anche perché le parti in commedia non sono le più le stesse di un tempo. A rappresentare gli operai è infatti ormai più la destra nazional-populista che la sinistra, il cui cuore batte ora per i «padroni», soprattutto finanzieri e grandi banchieri. Però non è così semplice. Padroni, operai e via dicendo non rimandano più da tempo a quello che tali parole significavano nel Novecento. Il declino o (per i più pessimisti) il crollo delle classe media, cominciato dopo il 1989 e acceleratosi dopo il 2008, ha infatti lasciato sul terreno due campi.
Il primo è quello che chiameremo, con Angelo Codevilla (The ruling class, Beaufort Books, 2010) la country class (classe nazionale) o, con Christophe Guilluy (La France périphérique, Flammarion, 2014) la classe periferica, cioè operai, impiegati, precari, piccoli imprenditori: periferica rispetto ai circuiti della globalizzazione, di cui subisce solo gli svantaggi, ai centri decisionali urbani e alla ideologia mainstream.
L’altro campo è quello della classe dominante nel senso di ruling class, mentre Guilluy la definisce d’en haute. (Cfr. il suo Le crépuscule de la France d’en haute, Flammarion, 2016). Quantitativamente è costituita da un 10 per cento della popolazione ma la sua collocazione centrale, nel mondo della globalizzazione, della finanza, dell’industria hi tech, della grande impresa, della comunicazione, dei media ne fa un blocco molto solido, assai più omogeneo in termini ideologici rispetto alla classe periferica.
Nelle ultime settimane entrambe sono scese in piazza. Una, per la precisione, in strada, in Francia: i gilet jaunes non sono infatti che il movimento di avanguardia della classe periferica o country class. Mentre qualche giorno prima a Torino abbiamo visto sfilare, per la Tav (progetto peraltro da sostenere) l’avanguardia della...
di Marco Gervasoni
La lotta di classe è ricominciata e non so come abbigliarmi. Anche perché le parti in commedia non sono le più le stesse di un tempo. A rappresentare gli operai è infatti ormai più la destra nazional-populista che la sinistra, il cui cuore batte ora per i «padroni», soprattutto finanzieri e grandi banchieri. Però non è così semplice. Padroni, operai e via dicendo non rimandano più da tempo a quello che tali parole significavano nel Novecento. Il declino o (per i più pessimisti) il crollo delle classe media, cominciato dopo il 1989 e acceleratosi dopo il 2008, ha infatti lasciato sul terreno due campi.
Il primo è quello che chiameremo, con Angelo Codevilla (The ruling class, Beaufort Books, 2010) la country class (classe nazionale) o, con Christophe Guilluy (La France périphérique, Flammarion, 2014) la classe periferica, cioè operai, impiegati, precari, piccoli imprenditori: periferica rispetto ai circuiti della globalizzazione, di cui subisce solo gli svantaggi, ai centri decisionali urbani e alla ideologia mainstream.
L’altro campo è quello della classe dominante nel senso di ruling class, mentre Guilluy la definisce d’en haute. (Cfr. il suo Le crépuscule de la France d’en haute, Flammarion, 2016). Quantitativamente è costituita da un 10 per cento della popolazione ma la sua collocazione centrale, nel mondo della globalizzazione, della finanza, dell’industria hi tech, della grande impresa, della comunicazione, dei media ne fa un blocco molto solido, assai più omogeneo in termini ideologici rispetto alla classe periferica.
Nelle ultime settimane entrambe sono scese in piazza. Una, per la precisione, in strada, in Francia: i gilet jaunes non sono infatti che il movimento di avanguardia della classe periferica o country class. Mentre qualche giorno prima a Torino abbiamo visto sfilare, per la Tav (progetto peraltro da sostenere) l’avanguardia della classe d’en haute. Niente di più limitato che vedervi una nuova marcia dei 40 mila. E niente di più sbagliato che interpretarla come una riscossa della borghesia.
Ma di quale borghesia si va parlando? La borghesia è finita dopo la Prima guerra mondiale a Davos, non nel centro congressi dei festival della globalizzazione ma nel sanatorio Berghof: dove si svolge la storia della Montagna incantata di Thomas Mann. E a teorizzarne la scomparsa nel romanzo è il gesuita Naphta, che nella vita reale altri non era che il filosofo marxista Gyorgy Lukacs, negli scritti di critica letteraria tutto impegnato a descrivere ascesa e declino della borghesia. Dopo la borghesia e dopo la Seconda guerra mondiale nacque quindi la classe media che progressivamente ma con successo attirò una parte sempre più larga della società. Ma anch’essa, c’est fini. Dallo spappolamento della classe media ne sono uscite la classe periferica e quella d’en haute. Di quest'ultima parleremo ora: e la chiameremo «nuova classe».
Per cercare le origini della nuova classe dobbiamo partire dalla diagnosi, fatta in piena Seconda guerra mondiale, di James Burnham, saggista statunitense allora in uscita dal trotzkismo americano, che descrive la nascita di una nuova società, post capitalistica, in cui l’espansione dello Stato e della burocrazia farà crescere una nuova classe sociale, i manager - che nella traduzione italiana del suo libro, The managerial revolution, sarebbero diventati i tecnici: la rivoluzione dei tecnici. Spostiamoci di pochi anni, nel 1957, e nella Jugoslavia titina: qui il dirigente della Lega dei comunisti, Milovan Gilas, vice di Tito recentemente caduto in disgrazia, nel suo libro Nova Klasa, subito tradotto in italiano con il titolo La nuova classe, offre una spietata analisi del modello comunista, alla base della nascita di una nuova classe, la burocrazia del partito, che si arricchirebbe sfruttando, in senso propriamente marxista, i produttori sottomessi.
Sembrano esempi lontani, ma non lo sono più di tanto. Burnham e Gilas influenzano profondamente quegli studiosi americani che, a partire dagli anni Novanta del secolo scorso, cominciano a descrivere l’emersione di una new class. La nuova classe, affermatasi con la globalizzazione, è cresciuta infatti grazie a un rapporto molto stretto con le burocrazie e gli apparati: si muove come un pesce nell’acqua della regolamentazione. Spesso si tratta della burocrazia dello Stato (la globalizzazione ha infatti sempre bisogno della forza e del potere dello Stato) ma altrettanto spesso di quella propria di strutture sovranazionali (Ue, Ocse, Fmi). La conferma l’abbiamo con la Cina: la classe imprenditoriale li è spuntata, come Minerva dalla testa di Giove, dalla burocrazia del Partito comunista cinese, da cui è ancora oggi inseparabile.
Altro che i Robber barons della gilded age di fine Ottocento, o l’imprenditore schumpeteriano o quello esaltato dai libertarian come Rothbard, in lotta contro lo Stato: la nuova classe, come scrive Codevilla in The ruling class, in modo diretto o indiretto, dipende quasi sempre dal governo federale. Da lì la sua propensione, negli Usa a votare i Democratici, in Europa a appoggiare i partiti progressisti o almeno quelli più legati all'espansione del federalismo europeo, cioè di un super stato ultraregolato. Ma non è solo questo elemento che rende la new class sostenitrice della gauche kerosène, per dirla con Jean-Claude Michéa. Lo vedremo.
La migliore lista degli appartenenti a questa new class l’ha stesa, nel 1995, Christopher Lasch nel suo La ribellione delle élite: «Brokers, banchieri, promotori immobiliari, ingegneri, consulenti, sistemisti, analisti, scienziati, dottori, pubblicitari, editori, giornalisti, creatori di eventi, registi, intrattenitori, attori, cantanti, produttori televisivi, scrittori, professori universitari». Il numero potrebbe ridursi o estendersi a seconda della latitudine: in Europa per esempio nel catalogo andrebbero inseriti anche i numerosi funzionari medio alti dello Stato e delle varie agenzie internazionali. In ogni modo, non sembra di scorgervi le madamine di Torino, o i frequentatori della Leopolde renziane (almeno le prime) e le, peraltro rare, manifestazioni di En Marche?
Lasch non amava la definizione new class. Forse perché il sommo Christopher era rimasto legato alla sua nozione marxista e vedeva questo gruppo troppo eterogeneo per definirlo in tal modo, preferendogli infatti il termine di nuova élite. Vero però è che occorre distinguere in questo vastissimo blocco. Ci aiuta, almeno sul versante statunitense, il sociologo urbano Joel Kotkin (The New class conflict, Telos press, 2014). Più che nuova classe, lo studioso preferisce definirla «nuova oligarchia» , la cui forza dipende essenzialmente dall’industria del consumo, «media pubblicità e intrattenimento», dalla comunicazione e della tecnologia: tutti eredi della società post materialista descritta negli anni Settanta da Roland Inglehart, negli Usa concentrati in California (e soprattutto nella Silicon Valley) e a New York.
I nuovi oligarchi post materialisti hanno bisogno però di altri gruppi sociali, cooptati nei loro entourage, ma non fino al punto di renderli uguali a loro. Sono gli appartenenti al Clerisy, i sacerdoti laici che officiano il nuovo culto della società mondialista: universitari, operatori dei media, giornalisti e attori del campo no profit. Questo clero (clercs, nel senso di Julian Benda) ha il compito di costruire e trasmettere una visione del mondo che giustifichi, confermi e rafforzi il potere della oligarchia, attraverso l’ideologia della società aperta, fondata su parole chiave: progresso, apertura, individualismo.
Un «gentry liberalism» (liberalismo per agiati) lo definisce Kotkin, un «progressismo» lo aveva chiamato, ben prima dell’arrivo di Macron, Michéa (Le Complexe d'Orphée: la gauche, les gens ordinaires et la religion du progrès, Climats, 2011). Una progressive class, scrive Codevilla, legata al culto della competenza e della scienza, che essa utilizza per distinguersi dal resto della società, mentre non ama particolarmente la religione, da cui si sente distante, e anche la famiglia tradizionale, considerate entrambe, fede e tradizione, come macigni rispetto al libero emanciparsi dell’individuo.
Che meraviglia, si dirà. Rispetto alla classe dominante un tempo, conservatrice, retriva, codina, legata ai valori tradizionali, all'autorità persino all’autoritarismo, abbiamo invece ora una nuova classe amante del cool, bobo, decontracté, aperta, senza cravatta e persino senza camicia, i cui leader sono vestiti come teen ager (secondo il perfido ritratto di Zuckerberg dipinto dal Premio Pulitzer del Wall Street Journal, Peggy Noonan). Una new class dedita alla libertà e alla uguaglianza, che infatti vota i Democratici in Usa, Macron in Francia, il Pd in Italia, la Spd (sempre meno) e i Verdi in Germania, era entusiasta della terza via nel Regno Unito ma voterebbe persino Corbyn, anche se con forti mal di pancia. Una new class intenta ad aprire la società sempre di più, alla libertà e alla uguaglianza, intesa però, si badi bene, in senso meritocratico. Uguaglianza ai punti di partenza! Ma chi non ce la dovesse fare, avrebbe comunque «giustizia» sociale: nessuno sarà lasciato indietro.
Se ritenete questa immagine realistica e plausibile, significa che i clercs di cui parla Kotkin hanno lavorato bene (sono pagati per questo). In realtà, da quando questa new class è diventata dominante, le società occidentali si sono fatte più diseguali al loro interno e, dal nostro punto di vista, persino meno libere. Questa nuova oligarchia ha espulso dalle città e dai centri urbani quelle che un tempo erano le classi medie e popolari: e quando non le ha escluse, ha creato a propria protezione delle cittadelle chiuse, modificando profondamente senso e ruolo millenario della città, come ci raccontano Kotkin e Guilluy. Quanto alla meritocrazia tanto sbandierata, ci spiega Richard Reeves (Dream Hoarders: How the American Upper Middle Class Is Leaving Everyone Else in the Dust, Brooking Istintute, 2017) che la new class ha contributo a trasformare quella americana in una società di classe nel senso europeo: soprattutto dopo essersi impadronita del sistema educativo. Con le sue condotte individualistiche, sradicata com’è da un territorio e da un luogo, perché lavora e opera su un piano globale e mondiale, la nuova classe ha indebolito lo spirito di comunità e i corpi intermedi, creando quello che in giapponese si chiama keiretsu, una combinazione di gerarchie intrecciate tra loro.
Più che alla borghesia, la new class assomiglia molto di più a una oligarchia controrivoluzionaria che, ritiene Guilluy, disprezza profondamente il popolo, cioè chi è estraneo ai suoi circoli ristretti. In luogo di disprezzo, si tratta secondo noi di indifferenza: indebolita la comunità nazionale, non rimpiazzata da alcun altro tipo di comunità solidale, la new class non vede proprio i suoi compatrioti (il sentimento di patria gli è assente), che percepisce assai più lontani, ad esempio, degli immigrati. I suoi concittadini sfortunati se la sarebbero cercata, perché non si sarebbero impegnati nella vita, nel lavoro e negli studi: gli immigrati sarebbero invece gli ultimi, gli sfruttati, gli umiliati e offesi, da aiutare a ogni costo.
E qui la cosa si complica. Per questo intreccio di buon cuore e egoismo, di convinzione di muoversi dalla parte giusta della storia nel mentre tiene condotte che vanno nella direzione opposta, per la new class, oltre ad un moralista che punti il dito sulla sua ipocrisia, ci vorrebbe un buon psichiatra. E infatti le inchieste dei sociologi americani su alcuni elementi di questa new class rivelano una grande confusione mentale. Per Anand Giridharadas (Winners take all. The élite charada of changing the World, Knopf, 2018) i «vincitori che prendono tutto» possiedono una concezione della società ultra individualistica che, al confronto, i romanzi di Ayn Rand sembrano un elogio del collettivismo. La new class vorrebbe infatti ridurre a zero tutte le funzioni dello Stato, e soprattuto i suoi servizi, da trasformare in attività di mercato, in business. E fin qui nulla di inedito. Nuovo è che la new class vorrebbe che la società si trasformasse in una Market Society totale perché solo questa via potrebbe veramente fare fronte alle diseguaglianze. I vincitori infatti si devono far carico di chi è rimasto indietro: secondo alcuni, come Mattew Bishop e Michael Green, autori del best seller Philantrocapitalist: how the rich can save the world, attraverso la nuova filantropia, nuova perché non concepita alla stregua di attività gratuita, come quella delle dame patronesse della borghesia d’antan, ma perché legata a reti imprenditoriali: faccio del bene e ci guadagno pure. Secondo altri, invece, un buon reddito di cittadinanza, cioè il basic income, risolverà la questione: finanziandolo, beninteso, grazie al taglio di ogni forma di welfare. Per la new class il liberismo è di sinistra, senza dubbio.
Un quadro delle ansie e persino della schizofrenia di questi nuovi oligarchi lo fornisce in modo ancora più puntuale Rachel Sherman (Uneasy Streets: the Anxieties of Affluence, Princeton University press, 2017). Gli esponenti della new class sono «impegnati in una lotta competitiva per il proprio status e per la loro distinzione», assai più delle classi affluenti americane precedenti, un combattimento per lo status di ceto, quasi in senso feudale; essi sono felici e orgogliosi dei loro «privilegi» ma al tempo stesso, sentono di dover agire da «attori morali». Dove la moralità starebbe nel rifuggere il consumo vistoso e ostentato, e nel votare prevalentemente a sinistra, persino a sinistra della sinistra (Sanders), pur restando «economicamente conservatori». Dove non c’è più traccia della vecchia etica calvinista, la nuova classe è assai poco religiosa, e considera i valori della famiglia tradizionale un orpello del passato.
Gli oligarchi della società aperta, come scrive il giurista Frank Herbert Buckley (The Republican Workers Party, Encounter Books, 2018), sono: «Borboni che credono di essere giacobini. Vivono immersi in un sinistrismo radicale, mentre pensano e agiscono come una classe patrizia a cui la sinistra del passato si sarebbe strenuamente opposta: ci spiegano che l’aristocrazia del merito sarebbe cosa naturale e che essi faranno di tutto per restare in cima al totem».
Cinque brevi considerazioni politiche:
1) La società europea è destinata ad assomigliare sempre più a quella americana: da noi le classi dominanti saranno sempre più new class; è già ad esempio così in Francia, Regno Unito, Germania.
2) Problema per i partiti popolari e conservatori mainstream: o smettono di essere moderati e conservatori, perché la nuova classe detesta i valori conservatori, o cercano di ritrovare la radice popolare (e populista) presente nella tradizione conservatrice, e si alleano con i nazionalisti. Terza via: spariscono.
3) Problema per i partiti socialisti: in questa fase di transizione, la new class vota ancora in parte per loro. Ma il contrasto tra gli interessi dell’oligarchia del 10 per cento e la sua visione del mondo le fa già preferire altre formazioni, meno dipendenti dal rapporto con le classi periferiche, la country class o il peuple central, che i socialisti si ostinano a pensare di poter rappresentare. Molto meglio per la new class i verdi, i partiti liberali (quelli però «progressisti») e i macronisti.
4) I sovranisti o nazional populisti hanno potenzialmente davanti a loro la rappresentanza della maggioranza del paese: la country class. Hanno però contro i clercs (media, giornali, mondo dello spettacolo e della comunicazione), quello che Michéa chiama il Partito dei Media e del Denaro, e le varie tecno-burocrazie, che in Europa pesano assai più che in Usa. La gauche kerosène adorata dalla new class è infatti profondamente minoritaria, ma possiede un forte egemonia nella diffusione dei simboli, dei miti, delle credenze. Ed è alleata oggettiva con il blocco di potere della tecno-burocrazia europea e delle sue organizzazioni. Non sono avversari da poco. Ciò richiede ai nazional-populisti saggezza, sagacia e prudenza. Richiede loro di provare a penetrare nelle cittadelle della costruzione della egemonia e di affrontare la tecno-burocrazia europeistica con una strategia intelligente, con la teoria del partigiano di Carl Schmitt, invece che con il napoleonico cozzo frontale. Perché la tecno-burocrazia possiede meno uomini, ma armi più potenti e sofisticate.
5) Quello che a cui assistiamo è un conflitto tra oligarchia e oclocrazia, il comando dei privilegiati contro quello della moltitudine. È arché contro crazia: il potere della prima, secondo il filosofo gesuita polacco Eric Przywara, appare come sensato, razionale e logico, con le sue leggi intangibili, mentre quello della seconda è una forzatura, uno strappo, una follia - una «presa di possesso» in senso schmittiano. Vincerà chi saprà ripristinare il solo governo naturale e giusto delle comunità politiche, quello misto di Aristotele e di Tommaso d'Aquino: l’incontro virtuoso tra monarchia, aristocrazia e democrazia, tra il potere di un capo, quello di una élite e quello della maggioranza del popolo.
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settembre
2005, n. 206, saranno comunicate al consumatore in sede di offerta prima dell'acquisto.
5. Modalità di pagamento
5.1 L'Abbonamento comporta l'obbligo per l'Utente di corrispondere al Fornitore il corrispettivo nella
misura
specificata nell'offerta in relazione al pacchetto scelto dall'Utente.
5.2 Tutti i prezzi indicati nell'offerta si intendono comprensivi di IVA.
5.3 Il pagamento dei corrispettivi può essere effettuato mediante carte di credito o debito abilitate ad
effettuare gli
acquisti online. Le carte accettate sono le seguenti: Visa, Mastercard, American Express.
5.4 L'Utente autorizza il Fornitore ad effettuare l'addebito dei corrispettivi dovuti al momento
dell'acquisto
dell'Abbonamento e dei successivi rinnovi sulla carta di pagamento indicata dallo stesso Utente.
5.5 Il Fornitore non entra in possesso dei dati della carta di pagamento utilizzata dall'Utente. Tali dati
sono
conservati in modo sicuro dal provider dei servizi di pagamento utilizzato dal Fornitore (Stripe o il
diverso provider
che in futuro potrà essere indicato all'Utente). Inoltre, a garanzia dell'Utente, tutte le informazioni
sensibili della
transazione vengono criptate mediante la tecnologia SSL – Secure Sockets Layer.
5.6 È onere dell'Utente: (i) inserire tutti i dati necessari per il corretto funzionamento dello strumento
di pagamento
prescelto; (ii) mantenere aggiornate le informazioni di pagamento in vista dei successivi rinnovi (per
esempio,
aggiornando i dati della propria carta di pagamento scaduta in vista del pagamento dei successivi rinnovi
contrattuali).
Qualora per qualsiasi motivo il pagamento non andasse a buon fine, il Fornitore si riserva di sospendere
immediatamente
l'Abbonamento fino al buon fine dell'operazione di pagamento; trascorsi inutilmente 3 giorni senza che il
pagamento
abbia avuto esito positivo, è facoltà del Fornitore recedere dal contratto con effetti immediati.
Pagamenti all'interno dell'applicazione IOS
5.7 In caso di acquisto dell'Abbonamento mediante l'Applicazione per dispositivi IOS, il pagamento è gestito
interamente
attraverso la piattaforma App Store fornita dal gruppo Apple. Il pagamento del corrispettivo è
automaticamente
addebitato sull'Apple ID account dell'Utente al momento della conferma dell'acquisto. Gli abbonamenti
proposti sono
soggetti al rinnovo automatico e all'addebito periodico del corrispettivo. L'Utente può disattivare
l'abbonamento fino a
24h prima della scadenza del periodo di abbonamento in corso. In caso di mancata disattivazione,
l'abbonamento si
rinnova per un eguale periodo e all'Utente viene addebitato lo stesso importo sul suo account Apple.
L'Utente può
gestire e disattivare il proprio abbonamento direttamente dal proprio profilo su App Store. Per maggiori
informazioni al
riguardo: https://www.apple.com/it/legal/terms/site.html. Il Fornitore non è responsabile per eventuali
disservizi della
piattaforma App Store.
6. Promozioni
6.1 Il Fornitore può a sua discrezione offrire agli Utenti delle promozioni sotto forma di sconti o periodi
gratuiti di
fruizione del Servizio.
6.2 Salvo che non sia diversamente specificato nella pagina di offerta della promozione, l'adesione a una
promozione
comporta, alla sua scadenza, l'attivazione automatica del Servizio a pagamento con addebito periodico del
corrispettivo
in base al contenuto del pacchetto di volta in volta selezionato dall'Utente.
6.3 L'Utente ha la facoltà di disattivare il Servizio in qualunque momento prima della scadenza del periodo
di prova
attraverso una delle modalità indicate nel precedente articolo 3).
7. Obblighi e garanzie dell'Utente
7.1 L'Utente dichiara e garantisce:
- di essere maggiorenne;
- di sottoscrivere l'Abbonamento per scopi estranei ad attività professionali, imprenditoriali, artigianali
o commerciali
eventualmente svolte;
- che tutti i dati forniti per l'attivazione dell'Abbonamento sono corretti e veritieri;
- che i dati forniti saranno mantenuti aggiornati per l'intera durata dell'Abbonamento.
7.2 L'Utente si impegna al pagamento del corrispettivo in favore del Fornitore nella misura e con le
modalità definite
nei precedenti articoli.
7.3 L'Utente si impegna ad utilizzare l'Abbonamento e i suoi contenuti a titolo esclusivamente personale, in
forma non
collettiva e senza scopo di lucro; l'Utente è inoltre responsabile per qualsiasi uso non autorizzato
dell'Abbonamento e
dei suoi contenuti, ove riconducibile all'account dell'Utente medesimo; per questo motivo l'Utente si
impegna ad
assumere tutte le precauzioni necessarie per mantenere riservato l'accesso all'Abbonamento attraverso il
proprio account
(per esempio, mantenendo riservate le credenziali di accesso ovvero segnalando senza ritardo al Fornitore
che la
riservatezza di tali credenziali risulta compromessa per qualsiasi motivo).
7.4 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
8. Tutela della proprietà intellettuale e industriale
8.1 L'Utente riconosce e accetta che i contenuti dell'Abbonamento, sotto forma di testi, immagini,
fotografie, grafiche,
disegni, contenuti audio e video, animazioni, marchi, loghi e altri segni distintivi, sono coperti da
copyright e dagli
altri diritti di proprietà intellettuale e industriale di volta in volta facenti capo al Fornitore e ai suoi
danti causa
e per questo si impegna a rispettare tali diritti.
8.2 Tutti i diritti sono riservati in capo ai titolari; l'Utente accetta che l'unico diritto acquisito con
il contratto
è quello di fruire dei contenuti dell'Abbonamento con le modalità e i limiti propri del Servizio. Fatte
salve le
operazioni di archiviazione e condivisione consentite dalle apposite funzionalità del Servizio, qualsiasi
attività di
riproduzione, pubblica esecuzione, comunicazione a terzi, messa a disposizione, diffusione, modifica ed
elaborazione dei
contenuti è espressamente vietata.
8.3 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
9. Manleva
9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
onorari degli
avvocati, spesa o danno addebitato al Fornitore o in cui il Fornitore dovesse comunque incorrere in
conseguenza di usi
impropri del Servizio da parte dell'Utente o per la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi
derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.