23 Agosto

Rifare l'Iri? Serve un po' di storia

Pubblico e privato. Per valutare il futuro dello Stato in economia più che dell’ideologia c’è bisogno di tornare dove tutto è cominciato, la storia. Il contesto degli anni Trenta, il fascismo, lo sviluppo industriale, l'impresa di Beneduce. Lorenzo Castellani fa un viaggio nel passato per capire la parabola del presente

di Lorenzo Castellani

Negli ultimi mesi si è tornati più volte a discutere di una “nuova IRI”, con la consueta divisione, spesso ideologica, tra entusiasti e radicali oppositori. Una discussione stimolata dal ruolo sempre più tentacolare della Cassa Depositi e Prestiti, coinvolta in Alitalia, in Aspi, nella governance delle reti (TIM-Open Fiber) e probabilmente nella nuova proprietà di Borsa Italiana (insieme al consorzio a guida francese Euronext), oltre che maggiormente utilizzata come polmone finanziario anche per le piccole-medie imprese (Sammontana). Tuttavia, per valutare il futuro dello Stato in economia più che dell’ideologia c’è bisogno di tornare laddove tutto è cominciato. Serve, in altre parole, la conoscenza storica. L’IRI venne fondata nel 1933 per fronteggiare molteplici crisi, sia domestiche che internazionali. Nacque dal genio di Alberto Beneduce, un personaggio storico straordinario che avrebbe trovato ben altre fortune se avesse fatto ciò che ha fatto in un’altra epoca, senza collaborare con un regime totalitario.

Figlio di una famiglia d’estrazione popolare di Caserta, Beneduce (nell'immagine qui sopra) era riuscito a studiare con profitto e a laurearsi in matematica all’università di Napoli. Riuscì poi a trovare un impiego come funzionario del Ministero dell’Agricoltura, dove si occupava di studi statistici, materia in cui era considerato tra i maggiori esperti d’Italia. Allontanato dall’accademia, ma promosso come dirigente al Ministero, Beneduce entra in massoneria (raggiungerà il trentatreesimo grado) e stringe amicizia con Francesco Saverio Nitti, entrando a far parte del giro dei tecnocrati del futuro Presidente del Consiglio. Scoppiata la guerra, lo statistico fu volontario e ufficiale in un reparto combattente del Genio; in seguito lasciò il fronte per assumere (1916) l'incarico di consigliere delegato dell'INA, della quale aveva ideato forma e statuto. Divenne ancora più stretta - negli anni di guerra e dell'immediato dopoguerra - la collaborazione e l'amicizia con Nitti, con il quale aveva in...


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