8 Settembre
The Queen. Elisabetta II, la storia entra nella storia
La Regina è morta a 96 anni, ha segnato un'epoca e lasciato il segno di una leadership forte e profonda, splendida e terrena. La cavalcata nel 'Secolo breve' del Regno più lungo. L'opera paziente e tenace di una donna straordinaria che è stata scudo e spada di un paese che ha vinto la guerra, perso l'impero e conquistato per sempre l'immaginario
di Marco Patricelli
Ha sfidato e vinto il ‘Secolo breve’, ha messo la sua impronta sul terzo millennio disintegrando ogni record di regno, è entrata nel mito prima di uscire dalla vita terrena, a 96 anni, nella residenza scozzese di Balmoral. Anche le teste coronate devono chinare il capo davanti alle leggi insindacabili della Natura.
Elisabetta II era e rimarrà The Queen, “la” regina. Perché Inghilterra significa monarchia, significa potenza, nonostante l’impero non ci sia più, significa identificazione con una dinastia che è stata spada nell’epoca d’oro e scudo in tempi difficili. E lei, Elisabetta, lo scudo ha dovuto usarlo più volte per parare i colpi che il destino non le ha risparmiato su tutti i fronti, dalle crisi della decolonizzazione agli anni neri dell’economia, dalle guerre fuori tempo massimo (come quella delle isole Falkland), agli scandali che hanno imperversato sulla sua famiglia per linea diretta e indiretta, fino alla Brexit e al braccio di ferro a distanza con la Russia di Putin, Paese verso il quale i Windsor hanno un’acrimonia generazionale sin dai tempi dell’eliminazione di Nicola II, nipote dell’imperatrice Vittoria.
Anche Elisabetta ha segnato un’epoca, come la sua omonima Tudor nel XVI secolo, ma in maniera diversa, e non poteva che essere così. Ha vissuto l’adolescenza con l’appeasement di Neville Chamberlain e il sigaro di Winston Churchill e l’estrema vecchiaia con quella del multicrinito e multiforme Boris Johnson e dell’appena rivelata Liz Truss; ha visto Londra bombardata e la Germania di Hitler sconfitta, la fine del dominio mondiale e gli scioperi nelle miniere di carbone, l’astro di Margaret Tatcher e l’estro disinvolto tra le lenzuola dei figli Charles e Andrew, con le intersezioni delle nuore Sarah e soprattutto Diana...
di Marco Patricelli
Ha sfidato e vinto il ‘Secolo breve’, ha messo la sua impronta sul terzo millennio disintegrando ogni record di regno, è entrata nel mito prima di uscire dalla vita terrena, a 96 anni, nella residenza scozzese di Balmoral. Anche le teste coronate devono chinare il capo davanti alle leggi insindacabili della Natura.
Elisabetta II era e rimarrà The Queen, “la” regina. Perché Inghilterra significa monarchia, significa potenza, nonostante l’impero non ci sia più, significa identificazione con una dinastia che è stata spada nell’epoca d’oro e scudo in tempi difficili. E lei, Elisabetta, lo scudo ha dovuto usarlo più volte per parare i colpi che il destino non le ha risparmiato su tutti i fronti, dalle crisi della decolonizzazione agli anni neri dell’economia, dalle guerre fuori tempo massimo (come quella delle isole Falkland), agli scandali che hanno imperversato sulla sua famiglia per linea diretta e indiretta, fino alla Brexit e al braccio di ferro a distanza con la Russia di Putin, Paese verso il quale i Windsor hanno un’acrimonia generazionale sin dai tempi dell’eliminazione di Nicola II, nipote dell’imperatrice Vittoria.
Anche Elisabetta ha segnato un’epoca, come la sua omonima Tudor nel XVI secolo, ma in maniera diversa, e non poteva che essere così. Ha vissuto l’adolescenza con l’appeasement di Neville Chamberlain e il sigaro di Winston Churchill e l’estrema vecchiaia con quella del multicrinito e multiforme Boris Johnson e dell’appena rivelata Liz Truss; ha visto Londra bombardata e la Germania di Hitler sconfitta, la fine del dominio mondiale e gli scioperi nelle miniere di carbone, l’astro di Margaret Tatcher e l’estro disinvolto tra le lenzuola dei figli Charles e Andrew, con le intersezioni delle nuore Sarah e soprattutto Diana che era riuscita quasi a metterla in ombra, entrando nel mito prima di lei, come fosse stata davvero la principessa delle favole. Ha accettato Camilla a corte e ha messo all’angolo il figlio costretto a una penosa anticamera prima di ascendere al trono di San Giacomo, a un’età in cui solitamente si medita persino il ritiro onorato con quell’abdicazione che a lei non è mai neppure passata per la mente.
Elisabetta ha visto spegnersi il marito Filippo che le accendeva una vita certamente non facile con i fuochi d’artificio delle sue proverbiali gaffe, riuscendo sempre a tenere le redini di un trono che qualche volta ha pure vacillato, ma nessuna spinta è riuscita finora a sbullonarlo. Non ci sono riusciti gli scozzesi, gente tosta che prima o poi tornerà alla carica per l’indipendenza e si ritroverà una monarchia sicuramente indebolita, forse più dal tempo che dalle circostanze. Di lei rimangono da un lato il senso dello Stato e dell’equilibrio nel gestire gli affari interni e internazionali, in perfetto stile british, dall’altro le non poche insofferenze per le beghe familiari che, dagli splendori e miserie delle cortigiane d’antan, erano diventate splendori e miserie della corte più autorevole e più rispettata al mondo sbattuta nel regno del gossip.
Aveva ragione Faruk d’Egitto, quando disse che un giorno sulla faccia della terra sarebbero rimasti solo i quattro re del mazzo di carte e naturalmente il re d’Inghilterra. La coniugazione al maschile, è ovvio, valeva anche per lei e poteva persino essere un complimento: «God Save The Queen», musicalmente, vale tanto quanto «God Save The King». La Seconda guerra mondiale era stata pagata a carissimo prezzo dai Windsor, perché la Gran Bretagna era uscita stremata dal conflitto spietato contro il Terzo Reich e non aveva più la forza per rialzarsi e riconquistare la leadership nel mondo, persa per sempre a favore dei “cugini” d’oltre oceano che non bevevano the ma Coca Cola e degli odiati sovietici di Stalin che avevano sterminato i cugini di sangue Romanov a Ekaterinburg nel 1918. Ma il mito rimaneva, e la riprova è tutta nella saga di James Bond, lo strabiliante agente segreto per eccellenza, che si muove da mezzo secolo nei cinque continenti come se la Gran Bretagna potesse ancora fare e disfare equilibri e destini. La leggenda attinge alla storia e a volte la storia diventa leggenda.
Dell’impero ereditato dal padre Giorgio VI, Elisabetta ha conservato la costruzione tanto immateriale quanto onorifico-simbolica del Commonwealth, che non è proprio comandare e indirizzare la politica internazionale. Dagli Anni ’50 in poi il ‘Secolo breve’ è stato ancora più breve. Una volta era il corsaro Francis Drake a essere nominato baronetto perché depredava dell’oro i galeoni spagnoli arricchendo la corona, poi lo sarebbero diventati quattro ragazzotti di Liverpool, i Beatles, per aver fatto incetta di dischi di platino con le loro canzoni. Edoardo III creò nel 1349 l’ordine della giarrettiera col motto francese «Honi soit qui mal y pense» per togliere dall’imbarazzo una gentildonna che l’aveva persa suscitando risolini e malignità, ma fu la comune Mary Quant – 92 anni e sei mesi all’anagrafe, anche lei longeva come la regina – a contribuire a liberare la femminilità negli Anni ’60 sforbiciando i tessuti verso l’alto e creando la minigonna. Accadeva in Inghilterra, impero senza più impero, con i capelli lunghi dei giovani che affiancavano le bombette della tradizione dei gentleman, con la microscopica Mini di Alec Issigonis (anche lui “Sir”) che faceva il solletico alla maestosa Rolls Royce, in un crogiolo sempre presente di contraddizioni tra il passato e il futuro.
Le mode nascevano a Londra e dintorni, poi si spandevano come una volta faceva la marina britannica che dominava i sette mari. Poiché «navigare necesse est», Elisabetta ha retto il timone fino alla fine, come i capitani coraggiosi di tanta letteratura, non sempre con un equipaggio all’altezza dei tempi, delle sue aspettative e delle esigenze del Paese. La spina dell’Irlanda del Nord è sempre lì, sanguina sottopelle ma non si vede, e a lei è stato certamente risparmiato di dover sciogliere il nodo gordiano riserrato sull’isola con la Brexit e la creazione di una di quelle frontiere che per la storia sono punti di sutura slabbrati. La rinuncia all’Europa, da lei commentata regalmente e in pieno ossequio ai ruoli politici e istituzionali, ha l’anelito a un nuovo e romanzesco splendido isolamento, forse velleitario, sicuramente anacronistico.
Elisabetta ha guardato a casa sua, dopo essere stata costretta a sbirciare continuamente dal buco della serratura da una stampa scandalistica che per decenni non le ha risparmiato nulla, nel turbinìo di tre generazioni irrequiete di amori e amorazzi, da Margaret e l’eroe della Raf Peter Townsend, ad Anna e al cavaliere Mark Phillips, fino a Harry e Meghan Markle che le hanno regalato le pillole più amare del suo epilogo di nonna prima ancora che di regina preoccupata per la dinastia dalle «magnifiche sorti e progressive». Non bastava, nella saga familiare, l’affronto mai sanato dello zio Edoardo VIII che rinunciò al trono per sposare la divorziata e disinvolta Wallis Simpson, e a chi gliene rese conto saettò: «Avete mai provato ad andare a letto con una corona?». L’ultima etichetta a resistere, delle tante sgretolate come retaggi di un passato che non torna più, è stata quella della parola d’ordine «The London Bridge is down», che ha fatto scattare le complesse e irrinunciabili procedure dall’annuncio della morte alle esequie solenni, per l’adunata d’altri tempi di tutte le teste coronate dell’orbe terracqueo, sul trono e senza trono. Gli Hohenzollern, gli Asburgo, i Romanov sono la tappezzeria vecchia della storia, come i Savoia. Ma l’arazzo di pregio è sempre quello con i leoni d’Inghilterra, i Windsor di «Dieu et mon droit», che la storia l’hanno sempre attraversata da protagonisti, che hanno perso alcune battaglie, ma anche vinto sempre l’ultima e quindi tutte le guerre. La regina è morta, viva il re.
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- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.