24 Luglio
Una chiacchierata con Maggie sull'Europa
Cosa avrebbe detto della crisi dell'Unione Margaret Thatcher? Marco Gervasoni intervista l'Iron Lady. "Mi sono battuta per il capitalismo popolare e guardi cosa hanno combinato i laburisti...". "Sono sempre stata europea e per un certo periodo anche europeista". "L'Unione? Un super Stato senza democrazia".
di Marco Gervasoni
Quando, qualche giorno fa, mandato dal boss di «List», scesi nel girone purgatoriale dei politici, per incontrare il generale De Gaulle, questi mi parlò di una signora middle class inglese, dalla chioma cotonata e dalla borsetta inquieta. Non faticai a capire che si trattava di Margaret Thatcher, Maggie. Il Generale la descriveva arrabbiatissima, anche se qui tutti lo sono, chi per un verso chi per l’altro: pare infatti che una parte della loro pena consista nel costringerli a guardare come i loro eredi politici abbiano gestito il patrimonio lasciato e come le loro più pessimistiche profezie si siano avverate. Pena risparmiata a chi si trova invece all'inferno e ai pochissimi in paradiso, a cui è condonata la visione di ciò che avviene tra i vivi. Per questo in purgatorio sono tutti furibondi. Ma Maggie un po’ più degli altri. Grazie ai buoni uffici del Generale, sono riuscito ad ottenere un incontro con l'Iron lady
- Iron lady, che sciocchezza. Sono stata costretta a corazzarmi perché pochi sono stati così odiati come me. Non dal popolo, che mi ha sempre manifestato fiducia ma dall’establishment. In vita cantanti rock, come Morrissey degli Smiths e Johnny Rotten dei Sex Pistols invitavano nelle loro canzoni ad ammazzarmi - ora entrambi stanno con la Brexit e con Trump, e va bene. Quando sono morta davvero, in piazza i sinistrorsi hanno ballato e festeggiato. Ma oggi la mia legacy fa litigare gli stessi conservatori, thatcherite sembra diventato un insulto, mentre il Labour è tornato a quello dei miei tempi, che battendolo io avevo costretto a cambiare: anzi forse è pure peggio. Mi accusano di aver creato un mondo di diseguaglianza, di aver fatto arricchire i ricchi e di aver affamato i poveri: non è così, basta vedere le statistiche del Regno...
di Marco Gervasoni
Quando, qualche giorno fa, mandato dal boss di «List», scesi nel girone purgatoriale dei politici, per incontrare il generale De Gaulle, questi mi parlò di una signora middle class inglese, dalla chioma cotonata e dalla borsetta inquieta. Non faticai a capire che si trattava di Margaret Thatcher, Maggie. Il Generale la descriveva arrabbiatissima, anche se qui tutti lo sono, chi per un verso chi per l’altro: pare infatti che una parte della loro pena consista nel costringerli a guardare come i loro eredi politici abbiano gestito il patrimonio lasciato e come le loro più pessimistiche profezie si siano avverate. Pena risparmiata a chi si trova invece all'inferno e ai pochissimi in paradiso, a cui è condonata la visione di ciò che avviene tra i vivi. Per questo in purgatorio sono tutti furibondi. Ma Maggie un po’ più degli altri. Grazie ai buoni uffici del Generale, sono riuscito ad ottenere un incontro con l'Iron lady
- Iron lady, che sciocchezza. Sono stata costretta a corazzarmi perché pochi sono stati così odiati come me. Non dal popolo, che mi ha sempre manifestato fiducia ma dall’establishment. In vita cantanti rock, come Morrissey degli Smiths e Johnny Rotten dei Sex Pistols invitavano nelle loro canzoni ad ammazzarmi - ora entrambi stanno con la Brexit e con Trump, e va bene. Quando sono morta davvero, in piazza i sinistrorsi hanno ballato e festeggiato. Ma oggi la mia legacy fa litigare gli stessi conservatori, thatcherite sembra diventato un insulto, mentre il Labour è tornato a quello dei miei tempi, che battendolo io avevo costretto a cambiare: anzi forse è pure peggio. Mi accusano di aver creato un mondo di diseguaglianza, di aver fatto arricchire i ricchi e di aver affamato i poveri: non è così, basta vedere le statistiche del Regno Unito dell’epoca. Io mi sono sempre battuta per il capitalismo popolare. Quel capitalismo che vedete oggi, così come la globalizzazione hard, la dovete ai governi laburisti che, più realisti del re, si sono spinti troppo avanti. In fondo, io forse non sono un politico (mi raccomando niente “a”), a me ha sempre appassionato più la battaglia delle idee, e una su tutte: la libertà. Meglio essere liberi che schiavi, è stata la mia bussola. Per questo ho sempre criticato l’Unione o, come si chiamava ancora ai tempi della mia presenza a Downing Street, la CEE.
- In effetti l’hanno sempre dipinta come «anti-europeista».
- L’Europa è una straordinaria civiltà millenaria, la più importante ed evoluta del mondo - con tutto il rispetto per quella indiana e cinese. L’Inghilterra non esisterebbe e non esiste senza l’Europa e la sua cultura. Sono sempre stata europea, e per un certo periodo sono stata anche «europeista». Negli anni Settanta da ministro e poi da leader del Partito conservatore, appoggiai l’ingresso della Uk nella Cee e poi il referendum. Fui però una euro ingenua
- Signora Thatcher, ingenua lei…
- Sì, un politico non dovrebbe mai definirsi così. Ma, come le ho detto, forse io non sono un politico (mi raccomando niente «a») o forse sono stata un poco atipica. Comunque sì, ingenua, perché avrei dovuto indovinare già negli anni Settanta che le tendenze della Cee portavano verso la creazione di un super stato, che avrebbe privato di poteri e di sovranità i singoli governi nazionali. Me ne resi conto concretamente solo al mio arrivo a Downing Street. Mi trovai di fronte a questo accordo tra tedeschi e francesi, che non riuscii a fermare, anche se mi agitai - ricorda la borsa sul tavolo a Fontainbleu?
- Francesi e tedeschi?
- Sì, la politica della Cee, come quella della Ue, è decisa dalle nazioni più forti, cosa crede? Come diceva Bismarck, reclama l’Europa chi vuol far fare ad altri quello che non può fare con i propri mezzi. E, a proposito di Bismarck, lo sapeva? Il Cancelliere era favorevole a una sorta di «Stati uniti d’Europa»… uniti dietro la Germania. Come Hitler, del resto. Ma quando stavo al potere, la Germania non era ancora riunita - e cercai di spingere il più lontano questa prospettiva, ma sia francesi che americani mi lasciarono sola. I tedeschi vogliono l’Europa unita perché solo così possono esercitare appieno la loro egemonia. Lo stesso ovviamente i francesi, che vi aggiungono un elemento in più.
- Quale?
- Il dirigismo economico. I francesi sono allergici alla libertà. Certo, la infilano in ogni dove, sui monumenti, nei discorsi, nelle canzoni. Ma sono più innamorati dell’idea astratta che della libertà concreta. Una delle libertà fondamentali, quella di intrapresa economica, non l’hanno infatti mai capita. L’Europa super stato è il loro mezzo per espandere l’egemonia dirigista su tutto il continente. Una sorta di socialismo light. Ed io che mi sono battuta tutta la vita contro il socialismo, light o strong, non volevo che il Regno Unito facesse quella fine. Perché il socialismo limita sempre la libertà individuale e sempre porta al potere le burocrazia. Guardi cosa è l’Ue oggi, il governo della burocrazia per la burocrazia. Ma l’utopia europeista non mi convince anche per altre ragioni…
- Immagino che sia proprio per il suo carattere di utopia.
- Certamente. Nella tradizione continentale utopia è concetto positivo. Sbagliate, l’utopia è profondamente ostile allo spirito cristiano, è l’idea che il regno dei cieli si possa realizzare sulla terra (empietà, la chiamava un vostro filosofo dell’800, Antonio Rosmini), è un progetto astratto, sempre elaborato da intellettuali. Ma lei sa qual è la cosa più pericolosa di un’utopia? Che si possa realizzare.
- Si sta realizzando quella europea?
- In parte sì. Il progetto di creazione di un super stato che sradichi le nazioni è giunto a livelli inimmaginabili rispetto ai miei tempi. Ora, le nazioni sono sempre state anche qualcosa di artificiale. Ma si sono create sulla base della consuetudine, della tradizione, di una lingua e di costumi il più possibile comuni. Sono nate dalle comunità, quella che il nostro grande Edmund Burke chiamava «piccoli plotoni a cui noi apparteniamo». Il progetto della Ue invece nasce da una pianificazione politica che vorrebbe costringere le comunità ad adeguarsi, a uniformarsi: le vuole forzare, per rendersi tutti più buoni. E io detesto i buoni…
- Oggi però il progetto europeo, o perlomeno questo progetto europeo, è contestato.
- Ovvio, non essendo un progetto democratico. Perché la democrazia, per come la conosciamo, funziona solo nell’orizzonte della nazione. Per di più, assumendo caratteri coercitivi, il « progetto » europeista produce una ribellione spontanea; se le élite possono fare a meno della libertà, o riescono comunque a trovare il modo di esercitarla, i popoli no: per loro lo spazio della libertà rimane quello della nazione.
- Immagino cosa avrebbe votato fosse stata lassù. Mi riferisco ovviamente al referendum del 2016.
- Sa che avrei avuto difficoltà? Una delle tante ragioni per cui mi ritengo fortunata ad essere finita quaggiù. Sì, è vero, i brexiteers, non solo Tories ma anche dell’Ukip, hanno le mie stesse idee, quella che raccolsi nel volume "Statescraft", un libro che ho scritto tutto da sola nel 2002, e che pochi hanno letto, perché mi consideravano un reperto del passato. Tuttavia, forse perché sono sempre la figlia di un droghiere, sono attenta ai fatti. E alle conseguenza delle decisioni. I fatti sono che la Ue è una sorta di gabbia di acciaio, per dirla con il tedesco Max Weber. Uscirne non è facile, a una forzatura si tende a rispondere con un’altra forzatura di segno opposto, si spacca il paese, ci si indebolisce nei confronti di altri.
- Tutto quello che sta accadendo ora nel Regno Unito.
- Anche perché la leadership oggi manca di qualcosa di fondamentale, un termine che ricorre moltissimo nel mio vocabolario: coraggio. Il contrario del coraggio si chiama…Theresa May. Non posso credere che nei primi mesi della sua premiership l’abbiate paragonata a me: come ministro dell’interno aveva già lasciato a desiderare. Il suo opportunismo, la sua mancanza di visione hanno condotto i Tories a una possibile scissione (un partito nato all’inizio dell’800 e mai spaccatosi). Ma fosse solo il partito. Il paese rischia lo sfaldamento dell’unità nazionale, la fine della Uk, Irlanda del Nord, Scozia, persino Galles che vanno via.
- Che cosa suggerirebbe a Theresa May?
- Ormai ho perso allenamento. E poi è tutto diverso, ai miei tempi per certi aspetti era più facile. Comunque le direi, coraggio. Non abbia problema a affrontare gli eurocrati: in fondo sono più rumorosi che minacciosi. Se qualcuno tiene la barra dritta del timone, se vedono che l’auto in corsa verso di loro non accenna a frenare, sono loro a cambiare direzione. Non abbia paura May di minacciare l’hard brexit, l’uscita senza condizioni (e senza dare alcun soldo), che fa paura agli eurocrati come e forse più che ai britannici.
- Non la vedo troppo convinta.
- May non lo farà, anche se i sondaggi mostrano che il suo «deal» ha il consenso del… 10 per cento degli elettori. May è troppo condizionata dalle élite, dall’establishment, dagli editoriali dei giornali e delle televisioni, dalla finanza. Così facendo però rischia un no deal, imposto dall’esterno e non deciso da lei. E in più potrebbe cadere, dando il paese in mano ai comunisti di Corbyn.
- C’è qualcuno nei Tories brexiteers che possa salvare il paese?
- Al momento no, ci sono ragazzi simpatici e svegli Boris [Johnson] Jacob [Rees-Moog], Pretti [Patel]. Ma nessuno di loro è un leader. Che però non può nascere dal nulla: vedete che fine hanno fatto quelli creati in poco tempo in laboratorio, come il giovane presidente francese? Io ho messo decenni a costruirmi la figura di leader, e anche quando andai al potere, nessun giorno facile, nessun giorno felice. Grande è il mio disappunto, debole il mio ottimismo.
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derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.