9 Giugno
Un'estate lunga come un inverno
Scenari sulla controffensiva dell'Ucraina. Cosa accadrà se il piano di Zelensky fallisce? E se la Russia fosse sconfitta cosa succederà a Mosca? Una guerra che entra nella fase più calda, mentre l'homo occidentalis pensa che sia un evento remoto
Quando i popoli sono distratti, tutto può succedere. Lontano dall'interesse della gran parte dell'Europa, considerato in Asia un evento remoto, la guerra in Ucraina è entrata nella sua fase più delicata. Kiev ha avviato la controffensiva dopo mesi di preparazione, Mosca ha ridisegnato l'assetto delle sue difese per respingere il tentativo dell'Ucraina di riprendersi il terreno perduto.
Gli ucraini puntano a spezzare il fronte russo, penetrare nelle zone occupate, c'è perfino chi pensa di poter riconquistare la Crimea. A Bakhmut si combatte, questo è il segno che la battaglia è in realtà ancora nella dimensione della guerra di logoramento, con avanzate (e ritirate) di poche centinaia di metri nel giro di settimane.
L'Ucraina mostra fiducia, la Russia afferma di aver già respinto numerosi attacchi. La distruzione della diga di Kakhovka è un tuono nella notte: il conflitto da questo momento è no limits, l'uso dell'acqua come arma apre le porte di altri indicibili scenari. Nessuno sa chi ha fatto esplodere la diga, ma il fatto che sia accaduto mette in pista tutte le mosse sulla scacchiera, anche quelle che si pensano impossibili.
L'Ucraina ha tenuto molto bene il campo di battaglia grazie alla determinazione del suo esercito e ai rifornimenti di armi degli Alleati. La volontà è di Kiev, i proiettili sono dell'Occidente. Il risultato sarà di chi dura e chi vince. I titoli sui giornali e in tv sono ottimisti, qui consigliamo un'antica prudenza. La guerra è una partita lunga dal finale improvviso. È vero che l'Armata Rossa non c'è più (e anche quando c'era, durante la Seconda guerra mondiale, si lanciava in assalti che si trasformavano in carneficina, tale era il disordine e la scarsa preparazione dei soldati mandati a morire), ma la Russia ha una potenza di fuoco intatta, ha il dominio dei cieli...
Quando i popoli sono distratti, tutto può succedere. Lontano dall'interesse della gran parte dell'Europa, considerato in Asia un evento remoto, la guerra in Ucraina è entrata nella sua fase più delicata. Kiev ha avviato la controffensiva dopo mesi di preparazione, Mosca ha ridisegnato l'assetto delle sue difese per respingere il tentativo dell'Ucraina di riprendersi il terreno perduto.
Gli ucraini puntano a spezzare il fronte russo, penetrare nelle zone occupate, c'è perfino chi pensa di poter riconquistare la Crimea. A Bakhmut si combatte, questo è il segno che la battaglia è in realtà ancora nella dimensione della guerra di logoramento, con avanzate (e ritirate) di poche centinaia di metri nel giro di settimane.
L'Ucraina mostra fiducia, la Russia afferma di aver già respinto numerosi attacchi. La distruzione della diga di Kakhovka è un tuono nella notte: il conflitto da questo momento è no limits, l'uso dell'acqua come arma apre le porte di altri indicibili scenari. Nessuno sa chi ha fatto esplodere la diga, ma il fatto che sia accaduto mette in pista tutte le mosse sulla scacchiera, anche quelle che si pensano impossibili.
L'Ucraina ha tenuto molto bene il campo di battaglia grazie alla determinazione del suo esercito e ai rifornimenti di armi degli Alleati. La volontà è di Kiev, i proiettili sono dell'Occidente. Il risultato sarà di chi dura e chi vince. I titoli sui giornali e in tv sono ottimisti, qui consigliamo un'antica prudenza. La guerra è una partita lunga dal finale improvviso. È vero che l'Armata Rossa non c'è più (e anche quando c'era, durante la Seconda guerra mondiale, si lanciava in assalti che si trasformavano in carneficina, tale era il disordine e la scarsa preparazione dei soldati mandati a morire), ma la Russia ha una potenza di fuoco intatta, ha il dominio dei cieli e... ha la bomba atomica. È vero, la deterrenza vale per tutti, a cominciare da Vladimir Putin, ma qui siamo nel campo minato della guerra psicologica e delle scelte irrazionali, inoltre la guerra asimmetrica offre alla Russia (e ai suoi avversari) un numero enorme di fantasiose opzioni per colpire l'avversario, non solo in Ucraina. Obiettivi simbolici sono sparsi ovunque, lo stesso vale per i target militari. E la mano che colpisce può essere invisibile, camuffata, quella di un altro, un killer ignoto che colpisce dove nessuno se l'aspettava. Si dimentica che il nemico di Putin non è Zelensky, è l'America. E l'America è grande, disseminata ovunque, con le sue basi, i suoi alleati. La guerra è ramificata, estesa, multiforme.
L'Ucraina può vincere, l'opzione è sul tavolo degli strateghi. Bisogna capire che cosa significa la parola 'vittoria' in questo contesto. Parla sempre il campo di battaglia e di solito accade dopo, quando si apre (e chiude) il tavolo del negoziato. Nel vocabolario di Kiev 'vittoria' oggi è la riconquista dei territori occupati, compresa la Crimea. Una simile 'vittoria' sarebbe un trionfo di Zelensky e la caduta di Putin. Sarebbe un nuovo mondo con numerose conseguenze strategiche tutte da scoprire.
Il successo dell'Ucraina è possibile, dunque bisogna sostenere lo sforzo militare e diplomatico per preparare il terreno e garantire la sicurezza dell'Ucraina. Se l'esercito russo cade, bisogna costruire il 'dopo' e questo riguarda prima di tutto l'integrità e la difesa dell'Ucraina. I russi per mesi hanno fortificato le trincee, si preparano all'impatto dell'offensiva di Kiev, sanno cosa sta per accadere. Sono pronti a combattere, resta da vedere se bene o male. "Morire per Kiev" per ora sembra essere un imperativo più forte del "morire per Putin", vedremo.
Questa consapevolezza russa del pericolo chiaro e imminente deve comunque far riflettere, chi fa scenari non può eludere la domanda: cosa accade se l'Ucraina fallisce l'assalto? Se la spinta dell'esercito di Kiev si esaurisce cosa succede? Sono domande scomode che non compaiono nei telegiornali, ma esistono nella mente degli analisti militari e politici.
Un fallimento della controffensiva sarebbe la porta aperta per coloro che fin dall'inizio della guerra hanno chiesto de facto la resa di Kiev di fronte all'occupazione, smettere di combattere sarebbe il mantra dei pacifisti, senza nessuna garanzia che la Russia faccia altrettanto e soprattutto con il 20% del territorio occupato, per sempre.
Per la Nato ci sarebbe la prospettiva non di un rafforzamento (come è avvenuto nell'emergenza) ma di uno schiacciamento geopolitico che ne limita il raggio d'azione e l'influenza (ne abbiamo già visto la luce nel caso dell'apertura dell'ufficio a Tokyo, con il no di Emmanuel Macron). Quanto alle spese militari, negli Stati Uniti, con la campagna presidenziale in pieno svolgimento, tra i repubblicani e i democratici crescerebbero i gruppi che chiedono di tagliare gli aiuti, rallentare la guerra, arrivare a una pace entro una certa data, qualunque essa sia. Quanto all'Europa, sarebbe una catastrofe politica che produrrebbe problemi interni e cambi di governo nei singoli paesi. Pensate al solo quadro italiano, all'esecutivo guidato da Giorgia Meloni che si è giustamente impegnato nel sostegno all'Ucraina e ai messaggi ambigui dell'opposizione, dal pacifismo filo-russo-cinese dei Cinque Stelle, alla confusione mentale del Partito democratico che è esplosa platealmente nel voto del Parlamento europeo sulle armi. Per Palazzo Chigi, un fallimento della controffensiva sarebbe un problema enorme. Come per Macron, oscillante tra "bisogna parlare con la Russia" e un generale Charles de Gaulle senza fucile. Come per Olaf Scholz, il cancelliere che ha portato la Germania al riarmo, al cambio della politica di difesa dopo l'orrore di Berlino nella Seconda guerra mondiale. Solo la Polonia in Europa potrebbe dire con forza "l'avevamo detto" e infatti 'il soldato polacco' è un problema per la Nato, perché a Varsavia conoscono l'Orso Russo e pensano che in Ucraina sia il momento di mettere 'boots on the ground', gli stivali dei soldati sul terreno.
Un fallimento dell'offensiva di Kiev sarebbe lo scenario peggiore, perché Putin canterebbe vittoria, conseguendo l'obiettivo di congelare la situazione, incassare i territori conquistati e ritornare a parlare come uno zar di Nuova Russia e impero.
Lo scenario migliore? Esiste, sempre sulla carta. Il fronte dell'esercito di Putin si rompe in più punti, fino al collasso, i soldati ripiegano fino a tornare nei loro confini (inseguiti dagli avversari, la situazione tattica peggiore per un esercito), mentre l'uomo del Cremlino annaspa in casa, le famiglie e le vedove di oltre centomila soldati caduti covano la rabbia e non hanno più ragione di pensare che i loro ragazzi siano morti per una causa eroica, la Grande Madre Russia, la Patria. Putin nel frattempo serra le fila, alza il tono di minaccia (nucleare) contro l'Occidente, punisce i generali colpevoli della sconfitta (bisogna sempre trovare un capro espiatorio), promette alla Cina del nuovo grande timoniere Xi Jinping forniture energetiche ancora più vantaggiose (il cinese accetta, silente), attende la fine nel bunker e si batte come un dinosauro ferito, mentre le voci su golpe e contro-golpe in Russia si diffondono e la guerra delle spie a Mosca diventa veleno letale. Uno a uno, tutti i complici del regime cadono o vengono eliminati, mentre l'arsenale nucleare russo diventa l'incubo degli Stati Uniti e dell'Europa.
Domanda: sarebbe davvero questo lo scenario migliore? Quando cadde l'Unione Sovietica, nel 1991, la preoccupazione per la sorte delle testate atomiche e l'integrità della nascente Federazione Russa fu grande. L'idea di costruire sulla cattedra dei professori di Chicago un'economia di mercato sulle macerie della pianificazione quinquennale comunista si scontrò presto con la realtà. Da quel disegno utopistico ne venne fuori un paese con il McDonald's e la Coca-Cola, la vodka e il caviale, la corruzione e gli oligarchi. L'uomo che mise ordine nel caos del post-sovietismo fu Putin con il continuismo del Kgb. Quella sagoma silente venuta da San Pietroburgo era la figura a cui l'Occidente non poteva dire no, la scelta di Eltsin, punto e a capo. Gli Stati Uniti e l'Europa pensarono più che alla fine della Storia, alla fine dei missili puntati e delle valigette con i codici nucleari nelle mani sbagliate, al tutti a casa dei sommergibili con il periscopio alzato sulle coste americane, all'anno zero dei messaggi cifrati, all'archiviazione in qualche biblioteca dei cremlinologi. Alla stazione globale del gas a basso costo, sempre aperta e niente scossoni sull'ordine mondiale che aveva vinto la Guerra Fredda.
Trent'anni dopo il crollo dell'Impero Sovietico, è arrivata tempesta. La storia si ribalta, la Cina cerca il primato mondiale, gli Stati Uniti sono in difesa, la tecnologia domina lo scenario. La Russia è nella polvere di una guerra che oscilla come un pendolo tagliente tra l'acciaio e il fuoco del Novecento e lo sciame di droni del Terzo Millennio. Oltre sessant'anni dopo la crisi dei missili di Cuba (1962) la storia si diverte a cambiare le parti, mantenendo una trama familiare: al posto delle postazioni missilistiche di Mosca, a L'Avana la Cina costruirà una base militare per le intercettazioni elettroniche, la Florida è soli 160 chilometri, l'America è la terra da spiare.
È la storia che si ribalta, riscrive, una battaglia infinita di cui la guerra in Ucraina è solo un capitolo. Ne vediamo i lampi e sentiamo i tuoni, sarà un'estate lunga come un inverno.
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motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.