2 Marzo

Utopia e romanzo della realtà

Biblioteca della Cittadella. Marco Gervasoni indaga l'eterna ricerca di Proust, i libri che non resteranno, quelli che vivranno a lungo, l'intreccio tra storia e letteratura, un delitto a Milano e la politica di una sinistra che fu, Macron in un regime immaginario (ma non troppo), l'America che brucia i monumenti

di Marco Gervasoni

Se si vuole capire l’uomo e sondarne le profondità, oggi tutti leggiamo Marcel Proust e non certo Henri Barbusse o Romain Rolland. Ma anche per comprendere la Francia e l’Europa Belle Époque e in guerra, meglio la Ricerca, di cui quasi del conflitto non si parla, invece che gli oggi illeggibili romanzi a tesi più o meno pacifisti come Il fuoco, appunto di Barbusse. L’arte impegnata politicamente è tanto esteticamente fragile quanto più è engagé: ed è politicamente debole proprio perché esteticamente nulla. Per dire: di tutta la letteratura sui migranti propinata dalla decadentistica e illeggibile romanzistica italiana di questi nostri anni, resterà, e a breve, poco o nulla.

Perciò sono miele le parole di uno dei nostri massimi critici letterari d’oggi, Matteo Marchesini, che nel suo ultimo libro, Casa di carte. La letteratura italiana dal boom ai social (Il Saggiatore, 275 pagine, 18 euro), appunta che «chi confonde l’atto di scrivere con l’atto di portare il proprio aiuto in una mensa per cittadini poveri è un impostore». Strepitoso poi quando l’autore fornisce un ritratto perfetto di tanta nostra intellighenzia del demi monde letterario, giovane e meno giovane, de sinistra , così: «Esibirono presto estremismo politico a costo zero, e inseguirono con spietato zelo la carriera accademica, o più in generale qualunque lavoro, anche malissimo pagato, in cui potessero far sfoggio dei loro annosi studi umanistici, convinti con inconsapevole razzismo che la scolarizzazione renda superiori, e che si possa essere specialisti di letteratura o teatro, di pedagogia o di scienze delle comunicazioni come lo si è di ingegneria edile. Molto più inermi e meno intuitivi dei nonni, più bovaristi dei padri, si affidavano intanto ciecamente a Badiou, a Žižek o al Negri-Hardt».

Il passato remoto è ottimistico, ma è augurabile che questo bestiario vada presto...


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