10 Gennaio
Verità, bugia e consenso
Il caso americano (e non solo). La rivolta a Capitol Hill, l'ascesa (e caduta) di Trump e del sistema dell'informazione dove i fatti diventano "alternativi". La rete dei social e il cospirazionismo
di Maite Carpio
“La verità conta”, cosi rispondeva Brad Raffensperger, segretario di stato della Georgia, al Presidente Donald Trump che provava a convincerlo per trovare i voti che gli servivano (era già stato fatto il doppio conteggio elettorale) a ribaltare i risultati già certificati delle urne. Una campagna sovversiva spinta fino all'estremo dal Presidente degli Stati Uniti, che ha avuto come risultato il vergognoso e indignante tentativo d’assalto a Capitol Hill (sembrava la serie "The Vikings") da parte di un piccolo gruppo di estremisti. Immagini senza dubbio sconvolgenti, ma quello che veramente lascia sgomenti e che si è fatto tutto nel nome di una falsità. I risultati delle elezioni sarebbero stati truccati! Anche Mitt Romney, ex capo dei repubblicani al Senato (grazie a Trump hanno perso anche il controllo di questa Camera) ha riconosciuto che tutto questo è successo per “colpa dell’orgoglio ferito di un uomo egoista e della indignazione dei suoi seguaci, i quali sono stati ingannati da due mesi e che ha spinto a mobilitarsi questa mattina. Quello che e successo è una insurrezione incitata dal Presidente degli Stati Uniti”. Parole durissime soprattutto se vengono da un repubblicano agguerrito e stimato conoscitore del sistema come Romney. Insomma, Trump avrebbe “ingannato”.
Il Presidente non voleva perdere la rielezione e molto meno lasciare la Casa Bianca, il che è molto comprensibile, ma per evitarlo ha deciso di propagare una bugia: che le elezioni gli sono state rubate. Dopo le dovute verifiche (sacrosante) e più di una sessantina di sentenze di diversi giudici americani (anche repubblicani) i fatti sono stati confutati. Anche la Corte Suprema, chiamata in campo da una ricorso presentato dal Texas si è tirata indietro di fronte a un tentativo giuridico considerato estremo e improbabile.
Dopo tutte queste evidenze, Trump e i suoi hanno deciso di...
di Maite Carpio
“La verità conta”, cosi rispondeva Brad Raffensperger, segretario di stato della Georgia, al Presidente Donald Trump che provava a convincerlo per trovare i voti che gli servivano (era già stato fatto il doppio conteggio elettorale) a ribaltare i risultati già certificati delle urne. Una campagna sovversiva spinta fino all'estremo dal Presidente degli Stati Uniti, che ha avuto come risultato il vergognoso e indignante tentativo d’assalto a Capitol Hill (sembrava la serie "The Vikings") da parte di un piccolo gruppo di estremisti. Immagini senza dubbio sconvolgenti, ma quello che veramente lascia sgomenti e che si è fatto tutto nel nome di una falsità. I risultati delle elezioni sarebbero stati truccati! Anche Mitt Romney, ex capo dei repubblicani al Senato (grazie a Trump hanno perso anche il controllo di questa Camera) ha riconosciuto che tutto questo è successo per “colpa dell’orgoglio ferito di un uomo egoista e della indignazione dei suoi seguaci, i quali sono stati ingannati da due mesi e che ha spinto a mobilitarsi questa mattina. Quello che e successo è una insurrezione incitata dal Presidente degli Stati Uniti”. Parole durissime soprattutto se vengono da un repubblicano agguerrito e stimato conoscitore del sistema come Romney. Insomma, Trump avrebbe “ingannato”.
Il Presidente non voleva perdere la rielezione e molto meno lasciare la Casa Bianca, il che è molto comprensibile, ma per evitarlo ha deciso di propagare una bugia: che le elezioni gli sono state rubate. Dopo le dovute verifiche (sacrosante) e più di una sessantina di sentenze di diversi giudici americani (anche repubblicani) i fatti sono stati confutati. Anche la Corte Suprema, chiamata in campo da una ricorso presentato dal Texas si è tirata indietro di fronte a un tentativo giuridico considerato estremo e improbabile.
Dopo tutte queste evidenze, Trump e i suoi hanno deciso di andare avanti lo stesso. È stato il voto via posta! Ma come puoi truccare le elezioni con il voto postale? È una modalità accettata dalla legge americana, verificata dalla commissioni elettorali e c'è stato il doppio conteggio negli Stati con scarso margine di vittoria. Poi, stiamo parlando di 7 milioni di voti di differenza! I votanti di Trump sono stati tanti, ma la realtà è che Biden ne ha ottenuto molti di più e in democrazia è questo che conta. La vittoria del nuovo presidente democratico è netta e indiscutibile. Trump ha perso le elezioni, come quattro anni fa le perse Hillary Clinton e come tra quattro anni le perderà qualcun altro.
I sociologi sostengono che senza la bugia (o il segreto) non ci sarebbe possibilità di convivere in gruppo. Infatti, da Ulisse in poi sappiamo quando sia importante mentire (anche a noi stessi) nelle nostre strategie di sopravvivenza. Ma mentire presuppone sapere qual è la verità per poi negarla agli altri. Curiosamente non siamo stati educati ad accettare la bugia come qualcosa di naturale, ci restiamo male quando la gente mente e ci fa paura pensare che non sappiamo nemmeno chi è fino in fondo la persona che vive con noi. Tendenzialmente, sarebbe preferibile sapere, ma non sempre lo vogliamo e poi siamo consapevoli che ci sono cose che non sapremo mai. Questo per dire che la bugia fa parte della nostra vita, ma in politica la questione diventa sempre ingombrante.
La democrazia come sistema di governo si basa sul fatto che il libero scambio di idee e opinioni ci aiuterà a prendere le migliori decisioni per la comunità, ma il meccanismo presuppone il consenso sul perimetro della realtà sulla quale si dibatte, altrimenti non si possono prendere decisioni, ma si passa il tempo a decidere cosa è vero e cosa è fantasia. In poche parole, bisogna farsi carico dei fatti della realtà, inclemente ma sempre precisa. Trump potrebbe aver ragione in tante cose, il problema è che e impossibile sedersi a un tavolo per discutere con lui. Il suo narcisismo e il suo infantilismo sono parte del suo carattere (infatti è stato vittima di se stesso) come di tanti altri leader, ma il problema è l'uso sfacciato che fa della realtà, modificandola costantemente a suo piacimento. Non possiamo giocare sempre ai “fatti alternativi”, la giustificazione che quattro anni fa dava Kellyanne Conway, consigliera della Casa Bianca, cercando di spiegare la versione del suo governo di fronte alle informazioni che mostravano la scarsa partecipazione popolare all’insediamento. Fatti alternativi.
Così anche Trump si è cimentato nella materia in tutti questi anni fino ad arrivare a convincere 35 milioni di americani (ricerca di Ipsos per Reuters) e una quantità notevole di cittadini nel resto del mondo che le elezioni sono state veramente “rubate”. Ci sono due fattori che spiegano come sia stato possibile tale fenomeno. Il primo è la modalità del discorso tipico della disinformazione che mira a guadagnarsi il consenso dei cittadini colpiti dalla disuguaglianza e dalla frustrazione sociale, dalla crisi economica o dal malessere in generale, per cui non deve fare altro che incitare la rabbia, la paura e l’odio. La prima regola è quella di estremizzare le posizioni, come se parlassi a un gruppo di tifosi di calcio, tutto è bianco o nero, basta solo stimolare i pregiudizi. Non ci sono argomenti, ma esaltazioni e soprattutto, non esistono le sfumature o la complessità del pensiero, cioè quello che garantisce la tolleranza e il dibattito. La seconda regola della disinformazione è quella di screditare le fonti che determinano i limiti della realtà: la scienza, i tribunali e i media. Sono le istituzioni che garantiscono quello che Hannah Arendt chiama “la modesta verità dei fatti”. Tutti sono stati regolarmente martellati da Trump e dai suoi per cui, se non sono più credibili alla gente rimane solo la parola del leader.
Il secondo fattore che conta per decidere la sorte del tentativo è il numero di persone disposte a crederci. Se mi credono in tanti vuol dire che è vero, la verità non si confuta più con i fatti, ma con la capacità di seduzione e soprattutto di cavalcare l'onda della rabbia. La disinformazione non mette in contrasto la ragione con l’emozione, anzi, quello che fa è fomentare la superstizione (non c’è bisogno di confutare la realtà per crederci). Vuole solo sovvertire i fatti per costruire una realtà parallela. Probabilmente la maggior parte delle persone che credono alle frottole di Trump sono in buona fede e ci credono davvero, il problema è che Trump e tutti i repubblicani che lo hanno assecondato, hanno mentito sapendo di mentire. Loro si che lo sanno.
Anche quando cambia posizione e dichiara, come se niente fosse, dopo tutto quello che è successo che vuole assicurare una transizione morbida del potere e dice di sentirsi “oltraggiato” dagli atti di violenza che lui stesso ha istigato e addirittura chiede che vengano perseguiti coloro che hanno infranto la legge (bisognerà vedere se lui stesso si trova nel gruppo) continua a pensarci al di sopra delle parole. Una sorte di “non sono stato io”, “io non lo volevo” che fa diventare tutto ancora peggio. Se ci credesse veramente, oggi stesso dovrebbe dimettersi, senza aspettare l’impeachment, come ha chiesto in un editoriale il Wall Street Journal, giornale che tante volte lo ha sostenuto.
A una buona storia chiediamo coerenza interna. Ultimamente c'è stato un grande dibattito sulla veridicità storica della serie "The Crown" su Netflix e in tanti hanno accusato i creatori di non aver rispettato i fatti storici e di creare confusione (è vero quello che racconta la serie sulla famiglia reale? Cosa hanno inventato?) Il pubblico ha sentito il bisogno di capire qual è il limite del racconto di fantasia e la risposta è stata che si tratta di una fiction, il suo compito è di essere coerente internamente, non di dar conto della realtà esterna. Nel racconto politico succede l’incontrario, ha il dovere di essere coerente con i fatti della realtà.
Naturalmente tutto quello che è accaduto non è solo colpa di Trump. È impossibile che un solo uomo faccia tutto ciò da solo, ci sono tanti co-responsabili (inutile dire adesso che lo sapevamo, che era tutto previsto, che era già tutto scritto, non è cosi). A cominciare dagli stessi compagni repubblicani che hanno voluto sfruttare il consenso elettorale senza pagare dazio (“che c'e di male a inseguire la corrente per qualche settimana? Tanto nessuno pensa o crede che i risultati cambieranno”, diceva una fonte anonima del Partito repubblicano a The Washington Post questa settimana) e non hanno mai avuto il coraggio di sfidarlo in pubblico, finora. E poi i media.
Sono anni che i mezzi di comunicazione di estrema destra hanno promosso teorie della cospirazione, accuse temerarie e provocazioni incendiarie senza procurare una sola prova. Da quando nel 1987, il presidente Ronald Reagan ebbe la brillante idea di cancellare il cosiddetto Principio di Imparzialità, che allora esigeva che le emittenti di radio e televisione mostrassero diversi punti di vista sui fatti della cronaca e il rispetto ai principi deontologici della professione giornalistica, la società dello spettacolo ha iniziato la conquista del mondo dell’informazione. Con la nascita nel 1995 di Fox News si impose l’idea che si poteva dire qualunque cosa, fosse o non fosse dimostrabile, bastava accontentare l’audience (da non perdere la serie "The loudest voice"). Così i Clinton sono diventati una banda di assassini, Obama non è nato negli Stati Uniti, il riscaldamento globale e il Covid sono un'invenzione e ovviamente il Congresso americano è composto da una gang di criminali. In questo clima, i social network non hanno fatto altro che ingigantire il fenomeno, dando spazio a voci che fino adesso si sentivano solo nel Dark Web. Qui sono nati i gruppi più esaltati del trumpismo come i Proud Boys, un gruppo della destra alternativa (nazionalisti bianchi e militanti misogini), costituito solo da uomini e nato dopo la vittoria del 2016. Stessa data di nascita del movimento QAnon, ancora più subdolo e scivoloso, che crede ciecamente nella esistenza di una rete pedofila che approvvigiona le élite mondiali, negano il cambiamento climatico e avvertono del pericolo della sostituzione della razza bianca. C’è anche Boogaloo, pronti a provocare una seconda guerra civile o Discord, piattaforma piena di trolls mobilitati contro l’élite mondiale. Sono l’esercito di Trump, “persone molto speciali”. E non c'è bisogno di andare a cercare tra la fogna urbana per trovare i cospirazionisti, le loro idee sono condivise dai più rispettabili cittadini, non solo americani.
Nell'era di Trump, quella dei social media, a differenza della radio e la televisione, l’informazione non è più neutrale. L’algoritmo elabora e seleziona a partire di milioni di dati quello che dovremo o ci piacerebbe sapere. Non per altro l’abbiamo definita l’era della “post verità”. I criteri di gerarchizzazione delle notizie, la verifica delle fonti e il confronto delle opinioni dei media tradizionali sono spariti. Il fenomeno Trump è impensabile senza Twitter. Attraverso il suo account ha creato una parte della opinione pubblica senza nessun tipo di filtro, gerarchia o contraddittorio. Cancellargli il suo account come ha fatto Twitter è per Trump peggio dell’impeachment.
Dopo tutto quello che e successo, dovremo ripensare il nostro sistema di informazione. I governi devono garantire ai cittadini il diritto a ricevere informazione vera, libera e indipendente, dobbiamo ricuperare la funzione originaria del giornalismo (i social media dovrebbero essere regolati come tutti gli altri media, come editori responsabili dei contenuti che pubblicano). Non perché sia clandestina o fuori dal circuito tradizionale l’informazione è migliore o più affidabile. Soprattutto non dobbiamo dimenticare che, alla fine, “la verità conta”.
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danti causa
e per questo si impegna a rispettare tali diritti.
8.2 Tutti i diritti sono riservati in capo ai titolari; l'Utente accetta che l'unico diritto acquisito con
il contratto
è quello di fruire dei contenuti dell'Abbonamento con le modalità e i limiti propri del Servizio. Fatte
salve le
operazioni di archiviazione e condivisione consentite dalle apposite funzionalità del Servizio, qualsiasi
attività di
riproduzione, pubblica esecuzione, comunicazione a terzi, messa a disposizione, diffusione, modifica ed
elaborazione dei
contenuti è espressamente vietata.
8.3 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
9. Manleva
9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
onorari degli
avvocati, spesa o danno addebitato al Fornitore o in cui il Fornitore dovesse comunque incorrere in
conseguenza di usi
impropri del Servizio da parte dell'Utente o per la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi
derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.