25 Luglio
Vincitori e vinti. Trump, Putin e la lezione di Attila
Chi ha vinto nel confronto di Helsinki tra Trump e Putin? Tutti dicono che sia stato lo zar, ma è ancora presto per dirlo, soprattutto se guardiamo il calendario della storia. Giordano Bruno Guerri accende la sua macchina del tempo e sbarca nel mondo del grande Attila.
di Giordano Bruno Guerri
Mi sembra discutibile la sicumera di chi – costretto dal mestiere o dalle proprie certezze a dare giudizi quotidiani – sa sempre per certo chi ha vinto e chi ha perso nella grandi vicende che viviamo. Soprattutto in politica. Soprattuttissimo nella politica internazionale: troppo complessi i problemi, troppo scarse le informazioni e le strategie segrete a noi note, troppo imprevedibili gli eventi che si accavalleranno da qui a un mese, un anno, un decennio. Imprevedibile è, specialmente, la mente umana, in particolare quel particolare tipo di mente umana che sta nella testa dei capi, diventati tali proprio perché non sono persone comuni, hanno di necessità comportamenti e visioni che escono dalla norma, e spesso la annullano.
Prendiamo per esempio il recentissimo incontro fra Trump e Putin. (“Ma come recentissimo, diranno le migliaia di lettori di List, è stato una settimana fa…” Sì, recentissimo, dai, cosa vuoi che sia una settimana di fronte alla storia.) Leggo qua e là che Putin ne sarebbe uscito vincitore perché l’Iran, perché la Siria, perché i dazi, perché il Russiagate… E, chiacchierando chiacchierando, il compagno Sechin mi titilla al gioco della storia: di quante volte l’apparente vincitore sia stato in realtà sconfitto, quante volte una vittoria sia stata ottenuta con una ritirata o accettando condizioni di pace sfavorevoli. Quante volte il perdente di oggi sia stato il vincitore di domani.
Donald Trump e Vladimir Putin a Helsinki (Foto Ansa).Ora, io non so chi abbia vinto fra Trump e Putin, davvero, ma invitato a salire sulla macchina del tempo, non farò certo esempi banali come quello di Stalin, Hitler, Churchill e Roosevelt. E’ bello, invece, per sparigliare le carte, fare un esempio più calzante: quello del grande Attila, di cui ci hanno sempre detto tanto male.
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Nella seconda metà...
di Giordano Bruno Guerri
Mi sembra discutibile la sicumera di chi – costretto dal mestiere o dalle proprie certezze a dare giudizi quotidiani – sa sempre per certo chi ha vinto e chi ha perso nella grandi vicende che viviamo. Soprattutto in politica. Soprattuttissimo nella politica internazionale: troppo complessi i problemi, troppo scarse le informazioni e le strategie segrete a noi note, troppo imprevedibili gli eventi che si accavalleranno da qui a un mese, un anno, un decennio. Imprevedibile è, specialmente, la mente umana, in particolare quel particolare tipo di mente umana che sta nella testa dei capi, diventati tali proprio perché non sono persone comuni, hanno di necessità comportamenti e visioni che escono dalla norma, e spesso la annullano.
Prendiamo per esempio il recentissimo incontro fra Trump e Putin. (“Ma come recentissimo, diranno le migliaia di lettori di List, è stato una settimana fa…” Sì, recentissimo, dai, cosa vuoi che sia una settimana di fronte alla storia.) Leggo qua e là che Putin ne sarebbe uscito vincitore perché l’Iran, perché la Siria, perché i dazi, perché il Russiagate… E, chiacchierando chiacchierando, il compagno Sechin mi titilla al gioco della storia: di quante volte l’apparente vincitore sia stato in realtà sconfitto, quante volte una vittoria sia stata ottenuta con una ritirata o accettando condizioni di pace sfavorevoli. Quante volte il perdente di oggi sia stato il vincitore di domani.
Donald Trump e Vladimir Putin a Helsinki (Foto Ansa).Ora, io non so chi abbia vinto fra Trump e Putin, davvero, ma invitato a salire sulla macchina del tempo, non farò certo esempi banali come quello di Stalin, Hitler, Churchill e Roosevelt. E’ bello, invece, per sparigliare le carte, fare un esempio più calzante: quello del grande Attila, di cui ci hanno sempre detto tanto male.
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Nella seconda metà del IV secolo i soldati di Ammiano Marcellino raccontavano di avere visto sulle rive del Danubio un nuovo tipo di barbaro. Apparteneva a una popolazione con uno stile di vita molto diverso da quello delle genti germaniche già conosciute, combattute e vinte dai romani: “Piccoli e tozzi, imberbi come eunuchi, con orribili volti in cui i tratti umani sono appena riconoscibili. Piuttosto che uomini si direbbero bestie a due zampe. Portano una casacca di tela con guarnizione di gatto selvatico e pelli di capra intorno alle gambe. E sembrano incollati ai loro cavalli. Vi mangiano, vi bevono, vi dormono reclinati sulle criniere, vi trattano i loro affari, vi prendono le loro deliberazioni. Vi fanno perfino cucina, perché invece di cuocere la carne di cui si nutrono, si limitano a intiepidirla tenendola fra la coscia e la groppa del quadrupede. Non coltivano i campi e non conoscono la casa. Scendono da cavallo solo per andare a trovare le loro donne e i bambini, che seguono sui carri la loro errabonda vita di razziatori”.
I nuovi barbari, che fra di loro si chiamavano unni, erano d’origine mongola e dal V secolo a.C. avevano vissuto a lungo in Cina, vagando continuamente. Cacciati da un’altra popolazione mongola, erano stati costretti a migrare verso occidente. Non avevano piani precisi, speravano soltanto di superare l’infinita distesa di steppe e pianure che li separava da un regno ricchissimo e meraviglioso dominato da una fantastica città chiamata Roma. Era una leggenda a cui il re unno Rua non aveva mai creduto, ma davanti alla morte anche le favole diventano interessanti. (Vivevano anche loro tempi interessanti, forse troppo.)
Oltrepassate l’Asia e l’Europa orientale, inglobate tutte le popolazioni incontrate per strada, un bel giorno gli unni scoprirono che, come i cinesi, anche i romani avevano eretto una “muraglia” al confine dell’Impero. Il limes era meno imponente delle sterminate mura che si erano lasciati alle spalle, ma meglio difeso. Rua non volle rischiare e si fermò a ridosso del confine settentrionale dell’Impero d’Oriente, in modo da costituire una minaccia. Da lì chiese all’imperatore d’Oriente un tributo annuale di 350 libbre d’oro e a quello di Roma il riconoscimento della sovranità sulle terre occupate. In altri tempi i romani non avrebbero concesso niente, soprattutto a un popolo tanto pericoloso. Sapevano che sarebbe stato un segno di debolezza capace di provocare gravi danni, ripercuotendosi anche in altre regioni. Ma, all’inizio del V secolo, i pericoli abbondavano ovunque, era inutile mascherare i segnali di una decadenza ormai evidente: strade devastate, ponti distrutti, acquedotti spezzati, città fatiscenti. Sia nell’Impero d’Oriente sia in quello d’Occidente l’organizzazione da punto di forza era diventata l’anello che non tiene in una catena arrugginita e favoriva due nuovi poteri: quello barbaro, in vena di rivincita, e quello ecclesiastico, in vena di affermazione. Nessun romano pensava di impegnarsi per il bene comune, nessuno trovava ragionevole sacrificarsi “per la grandezza di Roma”, ormai ridotta a dipendere dalla produzione e dal lavoro delle province. Così Rua ottenne quanto aveva chiesto e molto di più: poi, Roma e Costantinopoli vollero dimenticare la sua esistenza. L’imperatore d’Oriente Teodosio II si scordò anche di versare le 350 libbre d’oro. Sembrava avesse vinto lui, insomma.
Gli unni embrano incollati ai loro cavalli. Vi mangiano, vi bevono, vi dormono reclinati sulle criniere, vi trattano i loro affari, vi prendono le loro deliberazioni. Scendono da cavallo solo per andare a trovare le loro donne e i bambini.
Gli unni, rimossi come un trauma, parevano scomparsi e tutto andò per il meglio, se così si può dire, fino alla morte di Rua, nel 433. Il re unno lasciava il suo popolo in condizioni molto diverse da quelle in cui l’aveva ereditato. Aetzelburg, vicina all’odierna Budapest, era la loro prima grande città stabile che per quanto improvvisata si differenziava da un semplice bivacco di carri, bestiame e bambini. Pur non avendo una lingua scritta, dalla loro capitale svolgevano un’intensa attività diplomatica con messi e delegazioni provenienti da tutte le parti dell’Impero.
Rua all’inizio aveva comandato assieme al fratello Oktar e, dopo di lui, sul suo trono salirono i due nipoti, Bleda e Attila. Non sappiamo molto del primo, se non che era rozzo, impacciato, capriccioso, gigantesco, appassionato di caccia e orge, e che passava buona parte della giornata con Zercone, un nano di colore. Fin dall’inizio fu Attila, il più giovane, a comandare, senza che Bleda sollevasse obiezioni. Attila, o “piccolo padre”, come lo chiamavano i suoi soldati più fedeli, i biondi goti, era un uomo brutto: basso, spalle larghe, testa grande su collo forte, occhi sporgenti, naso piatto, zigomi alti e appuntiti, barba ispida e rada. Camminava e gesticolava lentamente, con gravità. Era furbo, avaro e cattivo perché poteva contare soltanto sui legami originati dal terrore che incuteva. Lo sapeva, e si comportava di conseguenza: paziente e feroce, gli piaceva mettere in ridicolo e umiliare chi gli stava davanti, in particolare se era potente. Tuttavia non era un bruto sanguinario, sebbene lo si sia fatto credere agli italiani di ogni epoca: non amava la guerra per la guerra, era a suo modo colto, gli piacevano il cerimoniale, il lusso, e intendeva creare un impero mondiale bene ordinato, come bene ordinata era la sua cancelleria e tutto ciò che ruotava intorno a lui.
Invasione dei barbari. Dipinto di Ulpiano Checa, 1887.Alcuni capirono meglio chi fosse Attila nel 435, quando ottenne che una trattativa con gli ambasciatori bizantini, a Margus, nei Balcani, si svolgesse a cavallo. Nessun barbaro era mai riuscito a imporre a tal punto le regole del proprio popolo, rovesciando una tradizione mai contestata e unendo la propria fama di capo determinato e crudele sul campo a una vittoria diplomatica. Inoltre Attila pretese che le libbre d’oro da 350 diventassero 700. Teodosio II pagò una sola rata e Attila affidò a Bleda il compito di condurre una guerra secondaria contro i bizantini mentre lui estendeva i territori unni verso le Alpi e il Reno. Soltanto nel 443 chiese all’imperatore gli arretrati e, al suo rifiuto, scatenò una guerra di distruzione totale giungendo quasi fino a Costantinopoli. Si fermò, è presumibile, per una semplice considerazione militare, da ottimo stratega: il suo esercito di cavalieri non era in grado di assalire vittoriosamente una grande città fortificata. Il re unno intascò comunque il saldo di 6000 libbre d’oro, interessi compresi, e portò il tributo annuale a 2100 libbre.
Alcuni capirono meglio chi fosse Attila nel 435, quando ottenne che una trattativa con gli ambasciatori bizantini, a Margus, nei Balcani, si svolgesse a cavallo.
Intorno al 444, dopo dieci anni di regno in comune, Bleda scompare dalla scena e Attila resta il solo capo riconosciuto dagli unni e dalle popolazioni sottomesse. Non sappiamo se uccise il fratello, perché la massima autorità in materia, lo storico Prisco, è attendibile come i giornali che un giorno sì e uno no danno per spacciato Trump. Comunque non ci furono altri colpi di scena fino al 450, quando a Teodosio succedette Marciano (450-457). Eccellente guerriero, Marciano interruppe subito il pesantissimo pagamento in oro, e stavolta Attila non insistette: non perché avesse paura, ma perché ormai si poteva spremere poco dall’Impero bizantino, mentre non aveva ancora sfruttato quello d’Occidente, retto a lungo dall’inetto Valentiniano III (425-455).
Il pretesto che Attila scelse per lo scontro fu singolare. Onoria, sorella di Valentiniano e amante del sesso forte, se forte davvero, affascinata dalla fama di Attila e del suo harem, anni prima aveva inviato al re unno l’inequivocabile dono di un anello. Attila aveva cortesemente ringraziato fermandosi lì, ma nel 451 ci ripensò e chiese a Valentiniano di mandargli in sposa la sorella, insieme alla dote di metà Impero. Valentiniano rifiutò, non certo per la sorella, e senza indugi Attila riversò il suo esercito in Gallia, devastandola. Riuscì a fermarlo solo il generale romano Flavio Ezio, ai Campi Catalaunici, nella Francia settentrionale. Ezio da giovane era stato a lungo tra gli unni, come ostaggio di Rua, e comandava un esercito misto romano-visigoto. Nel 452 Attila, però, tornò alla carica, deciso a completare l’opera e a mettere a ferro e fuoco l’Italia. Oltrepassate le Alpi Giulie distrusse e occupò Padova, Vicenza, Verona, Brescia, Bergamo, Milano e Pavia. Poi si volse di nuovo a est per affrontare l’esercito di Ezio, e si assestò sul Mincio.
L'incontro tra Leone Magno e Attila. Affresco, 1514, Stanza di Eliodoro, Palazzi Pontifici, Vaticano.Fu lì che avvenne il suo celebre incontro con papa Leone I che, supplicato da Valentiniano, doveva convincere il “flagello di Dio” a farsi indietro. Secondo la leggenda vaticana, ormai smentita dagli studi storici, il papa fu così convincente e suggestionò a tal punto Attila che l’unno si ritirò nelle sue terre senza altro motivo né scambio. In realtà Attila parve capitolare – dopo essersi fatto versare molto oro – perché l’Italia era resa inappetibile dalla carestia e dalla malaria, i suoi soldati morivano di dissenteria, e l’imperatore d’Oriente, Marciano, aveva minacciosamente attraversato il Danubio invadendo il territorio unno.
Forse nella resa unna giocò anche la superstizione: Attila sapeva che Alarico era morto subito dopo avere saccheggiato la città del pontefice. È probabile che, come d’abitudine, si ripromettesse di riprendere l’attacco una volta trascorso l’inverno in Ungheria. Del resto era così refrattario all’influsso cristiano che, poligamo convinto, di lì a poco sposò la sua trecentesima moglie e morì per la rottura di un’arteria la notte stessa delle nozze. In segno di lutto i suoi soldati si fecero profondi tagli sul volto, perché fosse chiaro che il re veniva pianto con sangue di guerrieri e non con lacrime di femmine. Lo seppellirono, con immensi tesori, in una zona che ancora non è stata scoperta.
Attila era così refrattario all’influsso cristiano che, poligamo convinto, di lì a poco sposò la sua trecentesima moglie e morì per la rottura di un’arteria la notte stessa delle nozze.
Il vero sigillo a questa storia, però, è che Valentiniano III, passato il pericolo, nel 454 uccise il generale Ezio, troppo valoroso e troppo amato, troppo poco amante dell’Impero e troppo poco corrotto per essere lasciato in vita.
Infine, durante l’incontro-scontro fra Attila e Leone I si erano visti all’opera la nuova potenza e il nuovo atteggiamento di polizia tenuto dalla Chiesa, e il successo accrebbe la fortuna del papato: rese difficilmente discutibile l’affermazione, sempre proclamata con forza da Leone I, della superiorità assoluta del vescovo di Roma sugli altri e creò intorno alla Chiesa un mito che dura tuttora. I romani, infatti, e per estensione gli italiani, cominciarono a credere che vivere nella città e nella terra scelta dal papa (o almeno all’ombra di un campanile) li mettesse al riparo da tutto e tutti, garantendo anche un’inoppugnabile superiorità sul resto del mondo.
Bene. Adesso immaginate questa storia raccontata giorno per giorno, in tempo reale, da un ipotetico giornale dell’epoca: ha vinto Attila, no, ha vinto Leone, no, ha vinto Marciano, no, ha vinto Ezio… (Vinse Leone, è vero: non per i motivi che ci dicono, ma perché la Chiesa dura ancora, e gli unni no.) Se volete sapere la mia al di là della politica internazionale, Leone avrà avuto maggiore fortuna, tanto che ancora lo chiamiamo Magno e l’hanno fatto santo. Ma vuoi mettere Attila, morto felice e senza compromessi sul campo di battaglia delle sue trecento mogli?
@GBGuerri
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gestire e disattivare il proprio abbonamento direttamente dal proprio profilo su App Store. Per maggiori
informazioni al
riguardo: https://www.apple.com/it/legal/terms/site.html. Il Fornitore non è responsabile per eventuali
disservizi della
piattaforma App Store.
6. Promozioni
6.1 Il Fornitore può a sua discrezione offrire agli Utenti delle promozioni sotto forma di sconti o periodi
gratuiti di
fruizione del Servizio.
6.2 Salvo che non sia diversamente specificato nella pagina di offerta della promozione, l'adesione a una
promozione
comporta, alla sua scadenza, l'attivazione automatica del Servizio a pagamento con addebito periodico del
corrispettivo
in base al contenuto del pacchetto di volta in volta selezionato dall'Utente.
6.3 L'Utente ha la facoltà di disattivare il Servizio in qualunque momento prima della scadenza del periodo
di prova
attraverso una delle modalità indicate nel precedente articolo 3).
7. Obblighi e garanzie dell'Utente
7.1 L'Utente dichiara e garantisce:
- di essere maggiorenne;
- di sottoscrivere l'Abbonamento per scopi estranei ad attività professionali, imprenditoriali, artigianali
o commerciali
eventualmente svolte;
- che tutti i dati forniti per l'attivazione dell'Abbonamento sono corretti e veritieri;
- che i dati forniti saranno mantenuti aggiornati per l'intera durata dell'Abbonamento.
7.2 L'Utente si impegna al pagamento del corrispettivo in favore del Fornitore nella misura e con le
modalità definite
nei precedenti articoli.
7.3 L'Utente si impegna ad utilizzare l'Abbonamento e i suoi contenuti a titolo esclusivamente personale, in
forma non
collettiva e senza scopo di lucro; l'Utente è inoltre responsabile per qualsiasi uso non autorizzato
dell'Abbonamento e
dei suoi contenuti, ove riconducibile all'account dell'Utente medesimo; per questo motivo l'Utente si
impegna ad
assumere tutte le precauzioni necessarie per mantenere riservato l'accesso all'Abbonamento attraverso il
proprio account
(per esempio, mantenendo riservate le credenziali di accesso ovvero segnalando senza ritardo al Fornitore
che la
riservatezza di tali credenziali risulta compromessa per qualsiasi motivo).
7.4 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
8. Tutela della proprietà intellettuale e industriale
8.1 L'Utente riconosce e accetta che i contenuti dell'Abbonamento, sotto forma di testi, immagini,
fotografie, grafiche,
disegni, contenuti audio e video, animazioni, marchi, loghi e altri segni distintivi, sono coperti da
copyright e dagli
altri diritti di proprietà intellettuale e industriale di volta in volta facenti capo al Fornitore e ai suoi
danti causa
e per questo si impegna a rispettare tali diritti.
8.2 Tutti i diritti sono riservati in capo ai titolari; l'Utente accetta che l'unico diritto acquisito con
il contratto
è quello di fruire dei contenuti dell'Abbonamento con le modalità e i limiti propri del Servizio. Fatte
salve le
operazioni di archiviazione e condivisione consentite dalle apposite funzionalità del Servizio, qualsiasi
attività di
riproduzione, pubblica esecuzione, comunicazione a terzi, messa a disposizione, diffusione, modifica ed
elaborazione dei
contenuti è espressamente vietata.
8.3 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
9. Manleva
9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
onorari degli
avvocati, spesa o danno addebitato al Fornitore o in cui il Fornitore dovesse comunque incorrere in
conseguenza di usi
impropri del Servizio da parte dell'Utente o per la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi
derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.