19 Aprile
Virus e bombe. Numeri e guerra. C'è una guida, la Storia
L'affermazione del commissario Arcuri sui morti a Milano durante i bombardamenti e quello che è accaduto realmente. Un viaggio di Marco Patricelli tra raid aerei, politica, statistica, pagine della Storia della Seconda guerra mondiale
di Marco Patricelli
«Tra l’11 giugno 1940 e il 1° maggio 1945 a Milano sono morti sotto i bombardamenti della seconda guerra mondiale 2mila civili, in 5 anni; in due mesi in Lombardia per il coronavirus sono morte (!) 11.851 civili, 5 volte di più. Un riferimento numerico clamoroso». Così parlò il commissario all’emergenza Domenico Arcuri, più grave di Zarathustra di Nietzsche e più tonitruante dell’attacco del poema sinfonico di Richard Strauss: le agenzie di stampa si gettano a pesce sulla notizia che fa notizia, tutti i tg la riprendono (per non parlare dei siti web). E come dare torto ai mass media? Il maledetto microscopico pallino millepiedi più cattivo dei maestosi quadrimotori inglesi comandati da “bomber” Arthur Harris, un tipetto niente male che nel migliore dei casi veniva definito tout court “il macellaio”: dopo la riunificazione tedesca una statua a lui dedicata dai sudditi di Sua Maestà fu al centro di una dura nota diplomatica di biasimo elaborata da Berlino.
Ma da dove trarrà informazioni così dettagliate il supercommissario Arcuri, capace di tirare fuori la notizia del giorno nella litania monocorde del Covid-19 in tutte le salse? Basta fare una ricerca col dottor Google ed ecco che il professor Wikipedia svela il segreto del coltissimo superesperto dell’emergenza pandemica. A Milano ci sarebbero stati dunque circa 2.000 morti in cinque anni di guerra (1.800 giorni), mentre quel maledetto virus arrivato dalla Cina ha fatto strame di anziani e di uomini (è pure sessista) in neanche due mesi facendo impallidire persino il ricordo della mattanza che veniva dal cielo. A parte il fatto che Arcuri, evidentemente sotto stress per il gravoso impegno, parla di Milano e poi mette dentro i dati della Lombardia, mischiando mele e pere, cosa che mettono in guardia dal fare sin dalla prima elementare, andiamo a vedere se almeno...
di Marco Patricelli
«Tra l’11 giugno 1940 e il 1° maggio 1945 a Milano sono morti sotto i bombardamenti della seconda guerra mondiale 2mila civili, in 5 anni; in due mesi in Lombardia per il coronavirus sono morte (!) 11.851 civili, 5 volte di più. Un riferimento numerico clamoroso». Così parlò il commissario all’emergenza Domenico Arcuri, più grave di Zarathustra di Nietzsche e più tonitruante dell’attacco del poema sinfonico di Richard Strauss: le agenzie di stampa si gettano a pesce sulla notizia che fa notizia, tutti i tg la riprendono (per non parlare dei siti web). E come dare torto ai mass media? Il maledetto microscopico pallino millepiedi più cattivo dei maestosi quadrimotori inglesi comandati da “bomber” Arthur Harris, un tipetto niente male che nel migliore dei casi veniva definito tout court “il macellaio”: dopo la riunificazione tedesca una statua a lui dedicata dai sudditi di Sua Maestà fu al centro di una dura nota diplomatica di biasimo elaborata da Berlino.
Ma da dove trarrà informazioni così dettagliate il supercommissario Arcuri, capace di tirare fuori la notizia del giorno nella litania monocorde del Covid-19 in tutte le salse? Basta fare una ricerca col dottor Google ed ecco che il professor Wikipedia svela il segreto del coltissimo superesperto dell’emergenza pandemica. A Milano ci sarebbero stati dunque circa 2.000 morti in cinque anni di guerra (1.800 giorni), mentre quel maledetto virus arrivato dalla Cina ha fatto strame di anziani e di uomini (è pure sessista) in neanche due mesi facendo impallidire persino il ricordo della mattanza che veniva dal cielo. A parte il fatto che Arcuri, evidentemente sotto stress per il gravoso impegno, parla di Milano e poi mette dentro i dati della Lombardia, mischiando mele e pere, cosa che mettono in guardia dal fare sin dalla prima elementare, andiamo a vedere se almeno la notizia è vera, e se il professor Wikipedia ha superato almeno l’esame di abilitazione in cui fior di docenti universitari falciano e spingono le carriere accademiche.
Le macerie di Milano e sullo sfondo la cattedrale del Duomo.C’è un dato di partenza di cui non si può fare a meno. L’Istituto di statistica ha fissato in 64.354 i morti a causa dei bombardamenti anglo-americani durante la Seconda guerra mondiale: 20.952 sono le vittime dall’11 giugno 1940 all’8 settembre 1943, quando l’Italia combatteva dalla parte di Hitler contro gli Alleati e quindi questi non facevano sconti né in terra né sul mare né tanto meno in cielo. Ma poi dal 9 settembre 1943 (il giorno dopo la proclamazione dell’armistizio) al 25 aprile 1945 (una settimana prima della data riferita da Arcuri) secondo l’Istat hanno perso la vita 43.402 persone che non indossavano la divisa. I militari uccisi dalle bombe d’aereo invece erano 2.576 fino all’8 settembre e 1.982 nella successiva fase del conflitto (Repubblica sociale e cobelligeranza), per un totale di 4.458 che porta appunto il computo totale a 64.354. Ci siamo. Facendo una debita proporzione con arrotondamento, Milano avrebbe pagato il prezzo del 3,2% delle vittime italiane. E qui i conti non tornano.
Milano 1943. La Galleria Vittorio Emanuele devastataNon serve neppure il bilancino dello speziale per rendersi subito conto che 2.000 morti in cinque anni, per la metropoli lombarda polo industriale di primissimo piano (quindi ghiotti bersagli di bombardamenti notturni inglesi e diurni americani) sono logicamente e fattualmente un po’ pochini. Insomma, non sono né verosimili né credibili. Le cifre dell’Istat sono convenzionali e calcolate per difetto, e per due ordini di motivi. Il primo è che i dati ufficiali, soprattutto durante il regime fascista, erano depotenziati per motivi di propaganda e artatamente ridimensionati. Fare una semplice somma ci riporta appunto a quei 20.952, che sono un numero spaventevole ma assolutamente non rapportato agli eventi, né a quello che accadeva in un solo raid sulla Germania (chiedere ad Amburgo e a Dresda in proposito, vedere la foto qui sotto).
Dresda nel 1945. Il novanta per cento del centro della città fu distrutto.Il secondo è che quando avvenivano i bombardamenti sulle città, in case, strade e piazze c’era una varia umanità di cui nessuno sapeva nulla, perché fuori dagli elenchi delle prefetture: persone non registrate per le più svariate situazioni, sfollati, profughi, militari in abiti civili, uomini donne e bambini in transito, faccendieri, contadini che portavano i prodotti al mercato e borsaneristi. Vite e nomi spariti nel nulla, disintegrati dalle bombe, sepolti dalle macerie e spesso neppure esumati perché per evitare epidemie soprattutto nella bella stagione era prassi stendere uno strato di calce viva sui cadaveri e sui resti dilaniati.
Milano, anno 1944. Una casa popolare semidistrutta dai bombardamenti del 1943 in zona Ticinese. Sopra, nell'apertura di List, il deposito dell'Atm di via Pietro Custodi, con i bus incendiati dai bombardamenti (Foto Ansa)Ma c’è un altro motivo oggettivo che fa saltare il banco dei numeri presi da Arcuri come il Vangelo. Dimostriamolo per assurdo, dando per buono che 64.354 sia una cifra suppergiù esatta. Allora, due città che non sono metropoli e neppure centri industriali, ovvero Foggia e Pescara, commemorano i caduti sotto le bombe angloamericane quantificandoli rispettivamente in 20.000 e almeno 5.000. Se ne deduce che questi due piccoli centri avrebbero patito più di un terzo delle perdite totali. E dove mettiamo allora il triangolo industriale Genova-Torino-Milano, dove posizioniamo Napoli i cui abitanti dopo cento bombardamenti non portarono più il conto, dove collochiamo Messina per la quale i piloti americani aveva coniato il gioco di parole «Messina in a Mass»? I duemila morti del professor Wikipedia e dell’ipse dixit Arcuri quindi assai difficilmente sono davvero duemila. Sul Milanese insistevano obiettivi strategici importanti come le industrie Alfa Romeo, Ansaldo, Edoardo Bianchi, Borletti, Breda, Caproni, Isotta Fraschini, Magneti Marelli, Officine Galileo, Pirelli, Tecnomasio Italiana Brown Boveri, oltre naturalmente all’importante snodo ferroviario e alle sue appendici industriali come Lambrate. Tanto per fare un paragone, a Pescara c’erano il Colorificio Blu Oltremare, Casa d’Annunzio e una stazione geograficamente importante ma sempre di provincia.
I dati “drogati” per difetto partono da lontano. Benito Mussolini il 2 dicembre 1942, nel lungo discorso alla Camera dei fasci e delle corporazioni sullo stato della guerra (lo «Storico rapporto»), fornì per Milano questi dati addomesticati al ribasso: 30 case distrutte, 411 molto danneggiate e 1.973 leggermente, fissando il computo delle vittime sull’Italia settentrionale a 1.886 morti (838 negli ultimi due mesi) e 3.332 feriti. Bilancio irrealistico, ma significava dire che la guerra tutto sommato andava bene e il Minculpop, non potendo nascondere i bombardieri nemici né i loro danni, ne anestetizzava le conseguenze dei martellamenti. Nella notte tra il 14 e il 15 febbraio 1943 su Milano una grande formazione di 142 quadrimotori Lancaster mise a ferro e fuoco la metropoli, tanto che i piloti inglesi segnarono sul diario di bordo, durante il volo di ritorno, che i bagliori degli incendi si vedevano ancora a 100 miglia di distanza. E questo è talmente vero che vennero richiamate squadre dei vigili del fuoco persino da Bologna. Centinaia i palazzi distrutti, migliaia le case danneggiate e almeno diecimila i senzatetto, ma per il regime tutto si limitava a 259 morti e 442 feriti. Nella notte del 7 agosto 1943, 197 Lancaster dell’83° Squadron sganciarono anche i micidiali blockbuster da 4.000 e 8.000 libbre provocando circa seicento focolai di incendio e cercando di ripetere la tempesta di fuoco (l’apocalittico Feuersturm) su Amburgo, che fortunatamente non si generò. Eppure i dati ufficiali di quell’inferno parlano di appena 161 morti e 281 feriti.
Passano appena pochi giorni e la strategia del Bomber Command, di mettere alle corde l’Italia di Badoglio per gettarla fuori dal ring della Seconda guerra mondiale, rimette Milano nel mirino. Nella notte tra il 12 e il 13 una flotta di 321 Lancaster e 183 Halifax la città viene bombardata con ordigni al tritonal, magnesio, termite, e con più di un centinaio di blockbuster. I morti sono un migliaio, i senzatetto non meno di 130.000 perché oltre 4.000 abitazioni non esistono più e almeno il doppio non sono più abitabili. Rovine su rovine anche negli stabilimenti Alfa Romeo, Breda, Brown Boveri, Innocenti, Isotta Fraschini, Pirelli. Un Cinegiornale Luce realizzato per l’occasione insiste sulle rovine del Teatro alla Scala. Il Corriere della Sera titola: «Violento bombardamento di Milano devastazioni ovunque nel centro e quartieri periferici. Colpiti duomo, galleria, chiese, musei». Non va poi dimenticato che in piena guerra civile, il 20 ottobre 1944, viene bombardata la scuola elementare «Francesco Crispi» di Gorla, un quartiere periferico di Milano, stroncando le vite di 184 bambini dai 6 agli 11 anni, maestri, bidelli, direttrice, mamme e padri che erano andati a riprendere i figli.
Per il lancio a effetto di Arcuri i bombardamenti erano niente rispetto al Covid-19, che varrebbe cinque volte quel disastro bellico, stando al suo termine di paragone. Ma non è così e il coup de théâtre virus contro bomba, oltre che improprio, poteva essere risparmiato. Ma tanto nessuno l’ha fatto notare al supercommissario. È l’Italia della guerra al coronavirus a colpi di decreti, ordinanze e proclami, ma che della guerra vera conclusa 75 anni fa sa poco e anche male.
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8.3 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
9. Manleva
9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
onorari degli
avvocati, spesa o danno addebitato al Fornitore o in cui il Fornitore dovesse comunque incorrere in
conseguenza di usi
impropri del Servizio da parte dell'Utente o per la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi
derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.