14 Gennaio
Votare (e svuotare) il Parlamento
WeekList. I Parlamenti svuotati dal potere esecutivo. Siamo nell'era del presidenzialismo di fatto. La storia dei sistemi elettorali e la tirannia del proporzionale. Un viaggio di Lorenzo Castellani e Michele Magno nella crisi della democrazia.
di Lorenzo Castellani
Dopo la bocciatura del referendum costituzionale nel 2016 il dibattito sulle istituzioni politiche italiane è stato relegato in soffitta. La diciassettesima legislatura non è riuscita a risolvere nessuno degli storici problemi che coinvolgono l’organizzazione del potere pubblico in Italia. Eppure i deficit nell’ammodernamento delle istituzioni risultano assolutamente evidenti, ad esempio quando si misura l’operato del Parlamento.
Leggi fatte dal governo. Secondo uno studio dell’AGI, nella XVII legislatura le proposte legislative fatte dal governo hanno completato l'iter più spesso e più rapidamente rispetto a quelle dei parlamentari. Il potere esecutivo ha quindi lentamente e inesorabilmente rubato la scena al potere legislativo. Come se non bastasse, circa il 60 per cento delle leggi approvate sono nate fuori dal Parlamento: oltre alla conversione dei decreti legge del governo (il 21 per cento delle leggi approvate), il 40 per cento delle leggi approvate è costituito da ratifiche di trattati internazionali. Uno sbilanciamento reso ancora più problematico da un ricorso sempre maggiore alle questioni di fiducia per approvare le leggi. In media il 30 per cento delle leggi approvate durante la XVII legislatura ha richiesto almeno un voto di fiducia. Se poi prendiamo i dati ufficiali pubblicati dalla Camera dei deputati notiamo come se togliamo le leggi di conversione dei decreti, quelle di ratifica, quelle europee e la legge di bilancio e i suoi collegati il Parlamento in cinque anni ha prodotto circa novanta leggi, meno di venti all’anno. Inoltre, su 362 leggi approvate ben 280 sono di iniziativa governativa. Con questi dati non si vuole sottolineare la mancanza di leggi nel Paese, che sono già decine di migliaia, ma la sempre più ridotta centralità del Parlamento e la preminenza del potere esecutivo nelle democrazie del ventunesimo secolo.
Su 362 leggi approvate ben 280 sono di iniziativa governativa.
Presidenzialismo di fatto. In un recente libro...
di Lorenzo Castellani
Dopo la bocciatura del referendum costituzionale nel 2016 il dibattito sulle istituzioni politiche italiane è stato relegato in soffitta. La diciassettesima legislatura non è riuscita a risolvere nessuno degli storici problemi che coinvolgono l’organizzazione del potere pubblico in Italia. Eppure i deficit nell’ammodernamento delle istituzioni risultano assolutamente evidenti, ad esempio quando si misura l’operato del Parlamento.
Leggi fatte dal governo. Secondo uno studio dell’AGI, nella XVII legislatura le proposte legislative fatte dal governo hanno completato l'iter più spesso e più rapidamente rispetto a quelle dei parlamentari. Il potere esecutivo ha quindi lentamente e inesorabilmente rubato la scena al potere legislativo. Come se non bastasse, circa il 60 per cento delle leggi approvate sono nate fuori dal Parlamento: oltre alla conversione dei decreti legge del governo (il 21 per cento delle leggi approvate), il 40 per cento delle leggi approvate è costituito da ratifiche di trattati internazionali. Uno sbilanciamento reso ancora più problematico da un ricorso sempre maggiore alle questioni di fiducia per approvare le leggi. In media il 30 per cento delle leggi approvate durante la XVII legislatura ha richiesto almeno un voto di fiducia. Se poi prendiamo i dati ufficiali pubblicati dalla Camera dei deputati notiamo come se togliamo le leggi di conversione dei decreti, quelle di ratifica, quelle europee e la legge di bilancio e i suoi collegati il Parlamento in cinque anni ha prodotto circa novanta leggi, meno di venti all’anno. Inoltre, su 362 leggi approvate ben 280 sono di iniziativa governativa. Con questi dati non si vuole sottolineare la mancanza di leggi nel Paese, che sono già decine di migliaia, ma la sempre più ridotta centralità del Parlamento e la preminenza del potere esecutivo nelle democrazie del ventunesimo secolo.
Su 362 leggi approvate ben 280 sono di iniziativa governativa.
Presidenzialismo di fatto. In un recente libro intitolato Le bon gouvernment il filosofo politico francese Pierre Rosanvallon ha sottolineato come le democrazie siano entrate nell’era del “parlamentarismo razionalizzato” e di un “presidenzialismo di fatto” che pone al centro della macchina politica il potere esecutivo, il cui ruolo è sempre più preminente indipendentemente dalla forma di governo. Rosanvallon dipana una accurata e ricca analisi storica sottolineando come nella storia delle nazioni europee fasi di parlamentarismo e “bonapartismo” si siano alternate l’una con l’altra ed egli non ha alcun dubbio a piazzare il presente nel segmento bonapartista.
L’intellettuale francese, inoltre, espone una interessante teoria sulle elezioni alle quali, a causa della voracità dei media, sarebbe attribuita una eccessiva importanza rispetto alle dinamiche del potere contemporaneo. Tutta la politica e il dibattito pubblico si concentrano sul momento delle elezioni, quando le decisioni veramente importanti vengono consumate lontano dalla competizione elettorale. Servono, certo, i voti per riempire la sedia vuota delle democrazie, ma i risultati vengono orientati da decisioni prese lontane dalla volontà popolare che siano organismi depoliticizzati come le authorities o autorità giudiziarie nazionali e sovranazionali o dai corpi tecnocratici sovranazionali e globali. C’è quel “pilota automatico” delle riforme evocato da Mario Draghi in una delle sue conferenze alla BCE.
Parlamento svuotato. In questo scenario il Parlamento e il parlamentarismo, che è la supposta centralità dell’assemblea nel sistema politico, risulta svuotato e soprattutto pare segnare la fine di un percorso storico di lungo periodo. Nel 1990 Gianfranco Miglio, di cui è appena trascorso il centenario della nascita, lanciò una profezia molto simile a quella di Rosanvallon rispondendo alle domande di Marcello Staglieno:
“Il regime rappresentativo, in via principale, è nato dal bisogno, da parte di chi governava, di conoscere gli umori, le opinioni, il grado di capacità di sacrificio dei governati. E per secoli non si trovò un modo migliore che quello di far eleggere, dai governati, dei rappresentanti presso chi governava. Oggi, al contrario, chi governa ha la possibilità di sapere cosa pensano i governati senza valersi d’intermediari, cioè di rappresentanti. Tutto ciò influenzerà in modo decisivo, in futuro, anche l’uso e la tecnica del voto. Il rappresentante diventerà soprattutto un ‘negoziatore’, nel nome di interessi sempre più particolari. Ci sarà quindi una caduta della rappresentanza nazionale. Ma se il parlamentare verrà esautorato dai sondaggi d’opinione (che raggiungeranno livelli di efficienza e sofisticazione oggi impensabili) il suo ruolo come persuasore verrà menomato dall’uso sistematico (da parte di chi governa) dei mezzi con i quali già oggi si può informare (e plagiare) la pubblica opinione.”
Cittadini e governo. Dunque, la relazione centrale oggi nella democrazia liberale non è tanto quella tra rappresentanti e rappresentati, ma quella tra cittadini e governo. Se n’è accorto Sir Michael Barber, ex advisor di Tony Blair, che in How to run a government? ha sostenuto la necessità di valutare le performance dei governi, misurare l’implementazione delle riforme e controllare costo e impatto dei provvedimenti amministrativi.
L’Italia appare ancora lontana sia dall’elaborare il lutto del declino del parlamentarismo sia dall’avviare riforme, anche ordinarie, che possano cambiare la destinazione d’uso del Parlamento ridisegnandone le funzioni più in senso di controllo che di dibattito politico. Ad esempio andrebbe rivitalizzato il ruolo dell’analisi impatto regolamentazione (AIR), che oggi è sottoutilizzata e basata a Palazzo Chigi, attribuendo al Parlamento il compito di investigare sull’impatto della regolamentazione o a sceglierne chi se ne occuperà. Molto andrebbe fatto anche sul piano del controllo dell’implementazione delle riforme. Come scrive il rapporto dell’AGI: “Circa il 25% delle leggi ha richiesto ulteriore lavoro dopo l'approvazione da parte del Parlamento. Lavoro ricaduto principalmente sui ministeri, che però ha lasciato oltre il 70% degli atti coinvolti ancora incompleti.” In sostanza, due leggi su tre non vengono implementate, entro la fine della legislatura, dalla burocrazia ministeriale. Come si è scritto molte volte da queste parti: fare una riforma non corrisponde a fare una legge. C’è molto altro dopo, e spesso viene dimenticato. Adeguare le istituzioni al presente significa non soltanto lanciarsi nella costruzione di grandi architetture costituzionali, ma rigenerarle quotidianamente con la pratica del governo prendendo atto dei cambiamenti della realtà.
Noterelle storiche sui sistemi elettorali
di Michele Magno
Ha scritto Gianfranco Pasquino che "dopo trentacinque anni di dibattiti e almeno cinque riforme dei sistemi elettorali italiani, c'è ancora molto bisogno di spiegare, soprattutto in Italia, che cosa è un sistema elettorale, quante varietà ne esistono, come sono venute in essere, quali obiettivi perseguono e con quali criteri debbono essere valutati e, eventualmente, modificati" (Tradurre i voti in seggi, Lectio brevis all'Accademia dei Lincei,11 marzo 2016). Queste notazioni dell'eminente politologo sono più attuali che mai. Secondo una pubblicistica a dir poco partigiana, gli italiani avrebbero la rappresentanza proporzionale nel loro codice genetico. Niente di più falso. Al contrario, nel Dna dei nostri avi paterni (quelli materni non godevano del diritto di voto) è impresso il sistema maggioritario a doppio turno in collegi uninominali, che ha caratterizzato le elezioni tenutesi dal 1861 al 1911. Beninteso, a causa del suffragio ristretto ai ceti abbienti, la vittoria di un candidato invece di un altro non era allora pretesto di scontri memorabili. La scena muta drasticamente quando la società diventa di massa, e i fattori organizzativi e ideologici prendono il sopravvento su quei fattori personali (lignaggio, censo, istruzione) che garantivano l'elezione dei notabili più in vista o politicamente più dotati.
Secondo una pubblicistica a dir poco partigiana, gli italiani avrebbero la rappresentanza proporzionale nel loro codice genetico. Niente di più falso.
All'inizio del Novecento, Giovanni Giolitti accettò la svolta proporzionalista temendo l'avanzata dei socialisti e dei popolari, che poteva tagliare l'erba sotto i piedi dei candidati liberali nei collegi uninominali. L'introduzione della proporzionale, prima annunciata insieme a un allargamento del suffragio, poi applicata per la prima volta nelle elezioni del 1919, aveva dunque un evidente e spiccato intento difensivo. Verso la fine dell'Ottocento, anche in Gran Bretagna l'ascesa dei laburisti stava insidiando il potere dei conservatori e dei liberali, che fino a quel momento se lo erano spartito alternandosi al governo del paese. Dopo qualche titubanza, i conservatori respinsero però qualsiasi riforma del sistema "plurality" (uninominale a un turno), altrimenti chiamato, con una di quelle espressioni tratte dalla vita quotidiana molto diffuse nel mondo anglosassone, "first past the post": il primo cavallo che supera il palo del traguardo ha vinto. Nei collegi, che sono appunto uninominali, vince il seggio chi ottiene la maggioranza relativa dei voti. Dopodiché, occorrerebbe ricordarlo al M5s, cercherà di rappresentare non solo i suoi elettori, ma tutto il collegio per conquistare nuovi consensi.
Ciononostante, precipitata la crisi dei liberali tra il 1910 e il 1928, nei decenni successivi la riforma elettorale fu reiteratamente agitata contro il maggioritario a turno unico, che premiava con maggioranze assolute di seggi i conservatori e laburisti, assai di rado capaci di sfiorare il 40 per cento dei voti. Soltanto nel 2011 venne indetto un referendum per il passaggio ad un sistema denominato "voto alternativo", peraltro anch'esso di impianto maggioritario. Fu bocciato sonoramente dai sudditi della regina Elisabetta.
Suddito della regina Vittoria era uno degli apostoli più agguerriti della rappresentanza proporzionale, John Stuart Mill:
"Uomo per uomo, la minoranza deve essere rappresentata per intero così come accade per la maggioranza. Se questo manca il governo non postula l'eguaglianza, ma il privilegio e l'ineguaglianza".
Quando il filosofo di Pentonville diede alle stampe il suo libro più celebre, Considerazioni sul Governo Rappresentativo (1861), il proporzionalismo era ancora alle sue battute iniziali e aveva conosciuto una compiuta teoria solo da pochi anni, per merito dell'avvocato inglese Thomas Hare, che aveva pubblicato nel 1859 la prima edizione del Treatise on the Election of Representatives, Parliamentary and Municipal.
Mill e di Hare avevano una chiara percezione dei problemi posti dalla rivoluzione industriale e dalla conseguente urbanizzazzione. Due fenomeni che avevano provocato un vero e proprio terremoto demografico, ormai in stridente contrasto con l'ordinamento della Camera dei Comuni, dove continuavano ad avere il diritto di eleggere deputati i "rotten boroughs" (borghi putridi), piccoli centri rurali controllati dall'aristocrazia fondiaria, a discapito di grandi città come Birmingham e Manchester, prive di rappresentanza (il più famoso dei borghi putridi, Old Sarum, con sei elettori eleggeva due parlamentari). Centri rurali di dimensioni più vaste erano invece i "pocket boroughs" (borghi tascabili), così chiamati perché letteralmente "nelle tasche" dei latifondisti che, grazie anche al voto palese, non incontravano difficoltà nel far eleggere i propri protetti.
Chester Town Hall, Chester, Regno Unito.Il primo progetto di riforma del sistema elettorale britannico fu presentato da whigs e radicali nel marzo 1831, sotto la spinta del movimento cartista e del Luglio francese. Esso divenne legge (Act) nel 1832. Abolì i borghi putridi, stabilì requisiti di voto uniformi per i "boroughs" e garantì una rappresentanza alle città più popolose. Nella seconda metà del secolo, tre Acts (nel 1867, 1872 e 1884) introdussero il voto segreto e abbassarono i requisiti patrimoniali del suffragio, allargandolo alla borghesia cittadina e ai primi nuclei di proletariato urbano. Il Redistribution of Seats Act (1885), infine, ridisegnò i confini delle contee (rimasti immutati dal 1660), sottraendo alla Corona la facoltà di fissare discrezionalmente il numero dei parlamentari, e generalizzò l'istituto del collegio uninominale. Veniva così sancito quel principio maggioritario nel mirino dei fautori del metodo proporzionale, i quali predicavano la necessità - che divenne la bandiera della loro battaglia - di distinguere tra voto deliberativo del Parlamento (che ovviamente richiedeva una maggioranza) e voto elettivo (che richiedeva invece una sua composizione proporzionale).
Come ha sottolineato Daniele Maglie in un saggio di straordinaria erudizione, uno dei dogmi della Rivoluzione francese era stato proprio la proporzionale (Le origini del movimento proporzionalista in Italia e in Europa, Dipartimento di Scienze politiche dell'Università degli studi Roma Tre, luglio 2014). Due suoi protagonisti, l'abate Sieyés e il conte di Mirabeau, ne erano stati gli alfieri più convinti. La Costituzione del 1791 inaugurò tuttavia un complicato meccanismo, in base al quale le assemblee primarie dei cittadini nominavano gli elettori, i quali a loro volta dovevano scegliere a maggioranza assoluta i 745 membri dell'organismo legislativo.
Uno dei dogmi della Rivoluzione francese era stato proprio la legge elettorale proporzionale.
Non un vero e proprio sistema proporzionale, insomma, ma "majority" (a doppio turno) a tutto tondo. La Costituzione giacobina conservò questo impianto maggioritario, sia pure corretto con l'elezione diretta e il suffragio universale maschile. Del resto il suo nume tutelare, Jean-Jacques Rousseau, partendo da John Locke riteneva che "il n'y a qu'une seule loi qui par sa nature exige un consentement unanime. C'est le pacte social [...]". Inoltre, "la voix du plus grand nombre oblige toujours tous les autres; c'est une suite du contract même..." (Du contract social, 1762). Per altro verso, il filosofo ginevrino cerca di superare la contraddizione che avverte in tali proposizioni spiegando perché, nel subire scelte cui non ha partecipato, il cittadino non è meno libero. E la supera sulla base del celebre sofisma che identifica volontà generale e volontà di ciascuno, in virtù del quale anche la minoranza in realtà "vuole" la volontà generale e, quindi, acconsente a ciò che decide la maggioranza (se vota in modo diverso vuol dire che s'inganna). In tal modo, la divisione fra maggioranza e minoranza diventa apparente. Nella concezione rousseauiana è del tutto assente, pertanto, ogni preoccupazione per i diritti delle minoranze. E anche se lo stesso Rousseau propone un temperamento ragionevole della regola maggioritaria, resta il fatto che le basi concettuali della sua teoria saranno utilizzate per giustificare prima il rigore giacobino poi il radicalismo democratico.
Jean-Jacques Rousseau in un dipinto di Maurice Quentin de La Tour.Ma sarà proprio un concittadino di Rousseau, Ernest Naville (1816-1909), a diventare il padre nobile della dottrina proporzionalista nell'Europa ottocentesca. Nato a Chancy da una famiglia borghese di tradizioni conservatrici, si laureò in teologia a Ginevra dove fu consacrato pastore. Spiritualista convinto in un'epoca dominata dal positivismo, profondamente scosso dai conflitti religiosi tra cattolici e protestanti e dalla guerra civile seguita allo scioglimento nel 1847 del Sonderbund (la lega separatista dei sette Cantoni cattolici), cominciò ad analizzare con scrupolo da scienziato sociale - "observer, supposer, vérifier", era il suo motto - l'architettura istituzionale della patria di Giovanni Calvino e le tensioni a cui era sottoposta a causa di una legge elettorale maggioritaria che estrometteva le minoranze dal Gran Consiglio. Vista la sordità delle autorità cantonali a ogni richiesta di riforma del sistema elettorale, Naville fondò "La Réformiste", un'associazione destinata a diventare un modello per tutti i proporzionalisti del Vecchio continente. Ad essa si ispirò un'analoga associazione creata in Italia nel 1872, del cui comitato promotore facevano parte - tra gli altri - Terenzio Mamiani, Marco Minghetti, Attilio Brunialti, Luigi Luzzatti. Naville dovrà però attendere ventisette anni per vedere premiata la sua instancabile iniziativa riformatrice. Il 6 luglio 1892, infatti, il Gran Consiglio abrogò lo scrutinio maggioritario sostituendolo con quello proporzionale. Un mese dopo, i ginevrini furono chiamati a pronunciarsi sull'innovazione costituzionale. La sua approvazione non fu un plebiscito, ma segnò comunque uno spartiacque nella storia elettorale europea.
Il 6 luglio 1892 il Gran Consiglio abrogò lo scrutinio maggioritario sostituendolo con quello proporzionale. Un mese dopo, i ginevrini furono chiamati a pronunciarsi sull'innovazione costituzionale.
Anche il Belgio, come la Svizzera, era (ed è) attraversato da profonde divisioni di natura etnica e confessionale. La questione della rappresentanza delle minoranze divenne quindi ben presto cruciale. Poco dopo il suo battesimo come entità statuale autonoma (1830), si aprì un vivace dibattito sull'estensione del suffragio e sulle distorsioni del sistema maggioritario in vigore. Propagandate da un gruppo di intellettuali che facevano capo al Circolo letterario e alla Facoltà giuridica dell'Università di Bruxelles, le opere di Stuart Mill e la formula messa a punto da Hare (un proporzionale "perfetto", che fotografava esattamente la realtà partitica di un paese) incontrarono subito un enorme successo. Nel contempo, i principali animatori della campagna contro gli abusi del maggioritario, tra cui Charles Potwin, Gustave Duchaine e Pety de Thozée, guadagnavano in tutti gli ambienti politici nuovi proseliti del verbo proporzionalista.
Finché nel 1878 un matematico e giurista, Victor D'Hondt, pubblicò un opuscolo che imprimerà una brusca accelerazione alla vicenda del proporzionalismo in tutto il pianeta, La Représentation Proportionelle des Partis par un Électeur. Senza entrare nei suoi tecnicismi, vi era descritto un metodo (in Italia sarà utilizzato per deteminare la ripartizione dei seggi nelle province e al Senato) che segnò la separazione definitiva tra rappresentanza personale e rappresentanza dei partiti. L'entusiasmo suscitato dalla formula che prese il nome del suo ideatore ebbe un peso rilevante nella rapida approvazione di una legge che, volta a combattere le frodi elettorali, abituò i belgi a votare segretamente su una scheda precompilata contenente i simboli di partito, nonché a esprimere una preferenza per i candidati della lista prescelta. L'obiettivo dello scrutinio proporzionale sulla base di liste concorrenti era ormai a portata di mano. Il 27 maggio 1900 il Parlamento belga, per la prima volta in Europa, fu rinnovato con questo sistema.
Dopo la riforma belga, nel corso di un ventennio praticamente tutti gli stati europei - eccetto l'Inghilterra - adottarono un sistema di tipo proporzionale.
Da quel momento in avanti, l'utopia divenne realtà. Una realtà per giunta facilmente esportabile in una fase storica nella quale i partiti di massa si apprestavano a soppiantare le vecchie formazioni notabilari. Dopo la riforma belga, nel corso di un ventennio praticamente tutti gli stati europei - eccetto l'Inghilterra - adottarono un sistema di tipo proporzionale. Un processo inarrestabile, a cui non sfuggì nemmeno la Germania di Weimar (1918-1939). D'altra parte, il partito più forte, vale a dire i socialdemocratici, non potevano certo sconfessare le loro lotte per una rappresentanza politica la più ampia possibile a sostegno della democrazia post-imperiale.
Come osserva Pasquino nella Lectio citata, troppo spesso accusata di responsabilità non sue nell'ascesa del nazismo e nel crollo della Repubblica, la legge proporzionale tedesca applicata in grandi circoscrizioni, per di più con recupero dei resti, non prevedeva nessuna soglia minima per l'accesso al Reichstag. Sarebbe sbagliato affermare che quella legge di per sé incoraggiasse, se non addirittura producesse, la frammentazione partitica. In ogni caso, il numero dei partiti passò da 14 nel 1920 a 28 nel 1932. Giovanni Sartori ha sostenuto che la proporzionale è la fotografia della frammentazione esistente nei partiti. Forse è più corretto affermare che le leggi proporzionali prive di qualsiasi soglia di accesso al Parlamento (o con soglie molto basse) favoriscono la frammentazione, come il caso italiano dimostra ad libitum, "non punendo le scissioni, ma rendendole praticabili. Quindi, mi sento di sostenere - conclude Pasquino - che l'esistenza di un sistema proporzionale non produce la frammentazione dei partiti, ma, a determinate condizioni, la permette e la facilita". Sagge considerazioni.
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inviando una mail al seguente indirizzo: help@newslist.it.
3.4 Gli effetti della disdetta si verificano automaticamente alla scadenza del periodo di abbonamento in
corso; fino a
quel momento, l'Utente ha diritto a continuare a fruire del proprio Abbonamento. La disdetta non dà invece
diritto ad
alcun rimborso per eventuali periodi non goduti per scelta dell'Utente.
3.5 In caso di mancato esercizio della disdetta, il rinnovo avverrà al medesimo costo della transazione
iniziale, salvo
che il Fornitore non comunichi all'Utente la variazione del prezzo dell'Abbonamento con un preavviso di
almeno 30 giorni
rispetto alla data di scadenza. Se, dopo aver ricevuto la comunicazione della variazione del prezzo,
l'Utente non
esercita la disdetta entro 24 ore dalla scadenza, l'Abbonamento si rinnova al nuovo prezzo comunicato dal
Fornitore.
3.6 Il Fornitore addebiterà anticipatamente l'intero prezzo dell'Abbonamento subito dopo ogni rinnovo sullo
stesso
strumento di pagamento in precedenza utilizzato dall'Utente ovvero sul diverso strumento indicato
dall'Utente attraverso
l'area riservata del proprio account personale.
4. Recesso DEL CONSUMATORE
4.1 L'Utente, ove qualificabile come consumatore – per consumatore si intende una persona fisica che agisce
per scopi
estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta, ha
diritto di
recedere dal contratto, senza costi e senza l'onere di indicarne i motivi, entro 14 giorni dalla data di
attivazione
dell'Abbonamento acquistato.
4.2 L'Utente può comunicare la propria volontà di recedere, inviando al Fornitore una comunicazione
esplicita in questo
senso mediante una delle seguenti modalità:
mediante raccomandata a.r. indirizzata alla sede del Fornitore;
per email al seguente indirizzo help@newslist.it;
4.3 Ai fini dell'esercizio del recesso l'Utente può, a sua scelta, utilizzare questo modulo
4.4 Il termine per l'esercizio del recesso si intende rispettato se la comunicazione relativa all'esercizio
del diritto
di recesso è inviata dall'Utente prima della scadenza del periodo di recesso.
4.5 In caso di valido esercizio del recesso, il Fornitore rimborserà all'Utente il pagamento ricevuto in
relazione
all'Abbonamento cui il recesso si riferisce, al netto di un importo proporzionale a quanto è stato fornito
dal Fornitore
fino al momento in cui il consumatore lo ha informato dell'esercizio del diritto di recesso; per il calcolo
di tale
importo, si terrà conto dei numeri o comunque dei contenuti fruiti e/o fruibili dal consumatore fino
all'esercizio del
diritto di recesso. Il rimborso avverrà entro 14 giorni dalla ricezione della comunicazione di recesso sullo
stesso
mezzo di pagamento utilizzato per la transazione iniziale.
4.6 Eventuali eccezioni al diritto di recesso, ove previste da Codice del consumo – decreto legislativo 6
settembre
2005, n. 206, saranno comunicate al consumatore in sede di offerta prima dell'acquisto.
5. Modalità di pagamento
5.1 L'Abbonamento comporta l'obbligo per l'Utente di corrispondere al Fornitore il corrispettivo nella
misura
specificata nell'offerta in relazione al pacchetto scelto dall'Utente.
5.2 Tutti i prezzi indicati nell'offerta si intendono comprensivi di IVA.
5.3 Il pagamento dei corrispettivi può essere effettuato mediante carte di credito o debito abilitate ad
effettuare gli
acquisti online. Le carte accettate sono le seguenti: Visa, Mastercard, American Express.
5.4 L'Utente autorizza il Fornitore ad effettuare l'addebito dei corrispettivi dovuti al momento
dell'acquisto
dell'Abbonamento e dei successivi rinnovi sulla carta di pagamento indicata dallo stesso Utente.
5.5 Il Fornitore non entra in possesso dei dati della carta di pagamento utilizzata dall'Utente. Tali dati
sono
conservati in modo sicuro dal provider dei servizi di pagamento utilizzato dal Fornitore (Stripe o il
diverso provider
che in futuro potrà essere indicato all'Utente). Inoltre, a garanzia dell'Utente, tutte le informazioni
sensibili della
transazione vengono criptate mediante la tecnologia SSL – Secure Sockets Layer.
5.6 È onere dell'Utente: (i) inserire tutti i dati necessari per il corretto funzionamento dello strumento
di pagamento
prescelto; (ii) mantenere aggiornate le informazioni di pagamento in vista dei successivi rinnovi (per
esempio,
aggiornando i dati della propria carta di pagamento scaduta in vista del pagamento dei successivi rinnovi
contrattuali).
Qualora per qualsiasi motivo il pagamento non andasse a buon fine, il Fornitore si riserva di sospendere
immediatamente
l'Abbonamento fino al buon fine dell'operazione di pagamento; trascorsi inutilmente 3 giorni senza che il
pagamento
abbia avuto esito positivo, è facoltà del Fornitore recedere dal contratto con effetti immediati.
Pagamenti all'interno dell'applicazione IOS
5.7 In caso di acquisto dell'Abbonamento mediante l'Applicazione per dispositivi IOS, il pagamento è gestito
interamente
attraverso la piattaforma App Store fornita dal gruppo Apple. Il pagamento del corrispettivo è
automaticamente
addebitato sull'Apple ID account dell'Utente al momento della conferma dell'acquisto. Gli abbonamenti
proposti sono
soggetti al rinnovo automatico e all'addebito periodico del corrispettivo. L'Utente può disattivare
l'abbonamento fino a
24h prima della scadenza del periodo di abbonamento in corso. In caso di mancata disattivazione,
l'abbonamento si
rinnova per un eguale periodo e all'Utente viene addebitato lo stesso importo sul suo account Apple.
L'Utente può
gestire e disattivare il proprio abbonamento direttamente dal proprio profilo su App Store. Per maggiori
informazioni al
riguardo: https://www.apple.com/it/legal/terms/site.html. Il Fornitore non è responsabile per eventuali
disservizi della
piattaforma App Store.
6. Promozioni
6.1 Il Fornitore può a sua discrezione offrire agli Utenti delle promozioni sotto forma di sconti o periodi
gratuiti di
fruizione del Servizio.
6.2 Salvo che non sia diversamente specificato nella pagina di offerta della promozione, l'adesione a una
promozione
comporta, alla sua scadenza, l'attivazione automatica del Servizio a pagamento con addebito periodico del
corrispettivo
in base al contenuto del pacchetto di volta in volta selezionato dall'Utente.
6.3 L'Utente ha la facoltà di disattivare il Servizio in qualunque momento prima della scadenza del periodo
di prova
attraverso una delle modalità indicate nel precedente articolo 3).
7. Obblighi e garanzie dell'Utente
7.1 L'Utente dichiara e garantisce:
- di essere maggiorenne;
- di sottoscrivere l'Abbonamento per scopi estranei ad attività professionali, imprenditoriali, artigianali
o commerciali
eventualmente svolte;
- che tutti i dati forniti per l'attivazione dell'Abbonamento sono corretti e veritieri;
- che i dati forniti saranno mantenuti aggiornati per l'intera durata dell'Abbonamento.
7.2 L'Utente si impegna al pagamento del corrispettivo in favore del Fornitore nella misura e con le
modalità definite
nei precedenti articoli.
7.3 L'Utente si impegna ad utilizzare l'Abbonamento e i suoi contenuti a titolo esclusivamente personale, in
forma non
collettiva e senza scopo di lucro; l'Utente è inoltre responsabile per qualsiasi uso non autorizzato
dell'Abbonamento e
dei suoi contenuti, ove riconducibile all'account dell'Utente medesimo; per questo motivo l'Utente si
impegna ad
assumere tutte le precauzioni necessarie per mantenere riservato l'accesso all'Abbonamento attraverso il
proprio account
(per esempio, mantenendo riservate le credenziali di accesso ovvero segnalando senza ritardo al Fornitore
che la
riservatezza di tali credenziali risulta compromessa per qualsiasi motivo).
7.4 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
8. Tutela della proprietà intellettuale e industriale
8.1 L'Utente riconosce e accetta che i contenuti dell'Abbonamento, sotto forma di testi, immagini,
fotografie, grafiche,
disegni, contenuti audio e video, animazioni, marchi, loghi e altri segni distintivi, sono coperti da
copyright e dagli
altri diritti di proprietà intellettuale e industriale di volta in volta facenti capo al Fornitore e ai suoi
danti causa
e per questo si impegna a rispettare tali diritti.
8.2 Tutti i diritti sono riservati in capo ai titolari; l'Utente accetta che l'unico diritto acquisito con
il contratto
è quello di fruire dei contenuti dell'Abbonamento con le modalità e i limiti propri del Servizio. Fatte
salve le
operazioni di archiviazione e condivisione consentite dalle apposite funzionalità del Servizio, qualsiasi
attività di
riproduzione, pubblica esecuzione, comunicazione a terzi, messa a disposizione, diffusione, modifica ed
elaborazione dei
contenuti è espressamente vietata.
8.3 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
9. Manleva
9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
onorari degli
avvocati, spesa o danno addebitato al Fornitore o in cui il Fornitore dovesse comunque incorrere in
conseguenza di usi
impropri del Servizio da parte dell'Utente o per la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi
derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.