12 Marzo
Xi Jinping sa cosa vuole. L'Italia "tavizza" la politica estera
Cinque Stelle e Lega si dividono sulla Belt and Road. Il memorandum tra Roma e Pechino è un oggetto misterioso. Gli Stati Uniti hanno il dossier Italia aperto al National Security Council, l'Unione europea richiama tutti all'ordine. Il governo e la "tavizzazione" delle relazioni internazionali
I lettori di List conoscono la storia da tempo, l'abbiamo anticipata: l'Italia sta spostando l'asse della sua politica estera da Occidente a Oriente. Lo fa perché i due partiti al governo - Cinque Stelle e Lega - non esprimono una cultura politica consolidata nella tradizione dell'Atlantismo. La Lega è sempre stata una forza flip flop, Bossi quando la Nato decise di bombardare l'ex Jugoslavia si schierò con un sincero democratico come Milosevic, di Salvini basta fare un giro in archivio per leggere di tutto e il suo contrario. Quanto ai Cinque Stelle, abbiamo visto qualche giorno fa la terza carica dello Stato, il Presidente della Camera Roberto Fico, parlare alla Duma a Mosca e basta dare una lettura alle proposte dei grillini depositate tempo fa in Commissione esteri per rendersi conto che per loro l'alleanza con l'America è un problema dal quale liberarsi in fretta, tanto che qualche mese fa abbiamo assistito alla sortita del ministro della Difesa (Elisabetta Trenta, indicata dai grillini) che annunciava un piano di ritiro delle nostre truppe dall'Afghanistan (a proposito, che fine ha fatto?), piano di cui non aveva mai parlato con il ministro degli Esteri Enzo Moavero, il quale si vedeva costretto a pubblicare una nota per confermare di non essere mai stato consultato e così prendere le distanze dall'iniziativa. Un governo coordinato al meglio.
Vicinanza alla Russia e business con la Cina. Non ci sarebbe niente di nuovo sotto il sole, l'Italia traffica con Mosca dai tempi della Guerra Fredda e le porte del Paese sono state aperte a Pechino senza pensarci troppo dai governi precedenti di centrodestra e centrosinistra.
Ma qualcosa di nuovo in realtà c'è perché per la prima volta nella storia gli Stati Uniti mettono in dubbio la capacità della classe politica italiana di restare dentro le alleanze e rispettare i...
I lettori di List conoscono la storia da tempo, l'abbiamo anticipata: l'Italia sta spostando l'asse della sua politica estera da Occidente a Oriente. Lo fa perché i due partiti al governo - Cinque Stelle e Lega - non esprimono una cultura politica consolidata nella tradizione dell'Atlantismo. La Lega è sempre stata una forza flip flop, Bossi quando la Nato decise di bombardare l'ex Jugoslavia si schierò con un sincero democratico come Milosevic, di Salvini basta fare un giro in archivio per leggere di tutto e il suo contrario. Quanto ai Cinque Stelle, abbiamo visto qualche giorno fa la terza carica dello Stato, il Presidente della Camera Roberto Fico, parlare alla Duma a Mosca e basta dare una lettura alle proposte dei grillini depositate tempo fa in Commissione esteri per rendersi conto che per loro l'alleanza con l'America è un problema dal quale liberarsi in fretta, tanto che qualche mese fa abbiamo assistito alla sortita del ministro della Difesa (Elisabetta Trenta, indicata dai grillini) che annunciava un piano di ritiro delle nostre truppe dall'Afghanistan (a proposito, che fine ha fatto?), piano di cui non aveva mai parlato con il ministro degli Esteri Enzo Moavero, il quale si vedeva costretto a pubblicare una nota per confermare di non essere mai stato consultato e così prendere le distanze dall'iniziativa. Un governo coordinato al meglio.
Vicinanza alla Russia e business con la Cina. Non ci sarebbe niente di nuovo sotto il sole, l'Italia traffica con Mosca dai tempi della Guerra Fredda e le porte del Paese sono state aperte a Pechino senza pensarci troppo dai governi precedenti di centrodestra e centrosinistra.
Ma qualcosa di nuovo in realtà c'è perché per la prima volta nella storia gli Stati Uniti mettono in dubbio la capacità della classe politica italiana di restare dentro le alleanze e rispettare i principi dei forum di cooperazione. Un paese fondatore dell'Unione europea, membro della Nato e alleato storico di Washington appare come una navicella alla deriva rispetto alla stazione madre che gravita nello spazio. Questa è oggi la metafora dell'Italia e della sua politica estera.
Di crisi con gli Stati Uniti ne abbiamo avuto parecchie, visibili e soprattutto invisibili: all'epoca del compromesso storico Henry Kissinger fu molto chiaro e brutale con i democristiani e Aldo Moro; Bettino Craxi, il dirottamento dell'Achille Lauro e la crisi dei missili di Sigonella non furono un temporale ma una tempesta. Altri tempi. E altra classe politica. Gli americani allora temevano i russi, diffidavano della nostra politica filo-araba, ma sapevano che l'Italia alla fine era "da questa parte del Muro".
Donald Trump scende dal Marine One, l'elicottero del Presidente.Caduto il Muro di Berlino, saltati i bulloni del patto di Jalta che tenevano insieme Occidente e Oriente in un solido equilibrio instabile (e sotto la minaccia della mutua distruzione nucleare), la storia ha cominciato a rimescolare il mazzo di carte dell'ordine mondiale. Sotto le presidenze dei Bush, di Clinton e Obama, pur mostrando limiti e difficoltà, l'Italia è rimasta dentro lo schema di gioco. A dire il vero il Silvio Berlusconi troppo vicino a Vladimir Putin innescò molti pensieri e sospetti a Foggy Bottom e l'ambasciatore americano a Roma Ronald P. Spogli (l'ultimo che è stato capace di comprendere cosa accadeva e accade in Italia) ne fece oggetto di svariate analisi e rapporti all'attenzione della Casa Bianca, ma anche questo link sotto osservazione alla fine veniva digerito come un danno collaterale della politica italiana che non cambiava la rotta finale dell'alleanza.
Oggi questo quadro è saltato per una serie di ragioni:
- La classe politica italiana è impreparata, con una scarsa conoscenza della storia e dei meccanismi delle relazioni internazionali;
- La rappresentanza diplomatica americana in Italia si è indebolita in maniera grave durante gli anni di Obama;
- Mentre gli Stati Uniti arretravano, la Russia piazzava le sue pedine diplomatiche (e di intelligence) migliori in Italia;
- La Russia ha coltivato meglio e in anticipo - e con un chiaro disegno di influenza - i rapporti con i partiti emergenti, Lega Nord e Cinque Stelle;
- La Cina approfittando della Grande Crisi e della penuria di capitale in Italia ha cominciato a usare la catapulta del denaro per proiettarsi nei settori strategici del paese: porti, logistica, reti, energia, telecomunicazioni;
- I governi precedenti aprendo le porte ai cinesi non hanno valutato la capacità di influenza di Pechino, il suo disegno di egemonia e la sua avanzata esponenziale nel mondo della tecnologia;
- I nostri scudi di protezione delle aziende strategiche, il meccanismo della golden share, sono fragili e utilizzati malissimo.
L'ascesa al potere di Cinque Stelle e Lega ha chiuso il cerchio. I legami con Mosca e Pechino coltivati in precedenza sono saltati per aria come un filo elettrico scoperto, così alla Casa Bianca improvvisamente sono usciti dal sonnambulismo e hanno cominciato a chiedersi: cosa sta succedendo in Italia?
Quando l'Italia si è sganciata dal club dell'Occidente sulla crisi in Venezuela fiancheggiando di fatto la posizione pro Maduro della Russia; quando è apparso chiaro che Huawei aveva già posato le mani sui cavi e sulle centrali della rete di telecomunicazioni 5G in Italia; quando Palazzo Chigi ha annunciato trionfalmente che si preparava a firmare - primo e unico paese del G7 - l'ingresso nell'iniziativa Belt and Road, allora sul monitor del National Security Council alla Casa Bianca ha cominciato a lampeggiare anche la nostra bandierina.
C'è solo una domanda sul taccuino: dov'è l'interesse nazionale dell'Italia? Cosa ci stiamo giocando? Cosa stiamo perdendo? E cosa stiamo eventualmente guadagnando?
Mentre Angela Merkel gioca contro Trump una partita vitale per la Germania sull'export di acciaio e automobili e usa la leva della presenza a Berlino di Huawei per contrastare l'America First della Casa Bianca (con un pesantissimo sviluppo nel settore dell'intelligence che abbiamo raccontato ieri), l'Italia cosa sta difendendo o cosa sta creando? Un paese che non riesce a fare neppure la Tav in Europa improvvisamente decide di entrare nell'iniziativa infrastrutturale della Cina in Oriente? Una mossa che spinge l'Italia tra le braccia di Pechino, ci allontana dall'America e ci isola nell'Unione europea che è allarmata.
La Commissione europea oggi a Strasburgo dovrebbe adottare una comunicazione sulle relazioni con la Cina dove si ricorda che "nel cooperare con la Cina, tutti gli Stati membri, individualmente o all'interno di quadri di cooperazione subregionali", "hanno una responsabilità di assicurare coerenza con il diritto, le regole e le politiche dell'Ue". Questo sarebbe il contenuto della bozza in discussione, secondo quanto riportato dall'Agi. "Nè l'Ue nè alcuno dei suoi Stati membri possono effettivamente realizzare i loro obiettivi con la Cina senza piena unità". Oggi parlerà il vicepresidente della Commissione, Jirki Katainen, e a quanto pare farà un esplicito riferimento all'Italia.
Un governo e un Paese possono anche decidere di suicidarsi, ne abbiamo svariati esempi nella storia, ma che tutto questo avvenga in un'immersione dell'opinione pubblica nel cloroformio, ecco, questo è incredibile. Perfino le scelte sbagliate vanno spiegate, articolate, messe nero su bianco con un disegno coerente, non con le frasi degli azzeccagarbugli di Palazzo Chigi. La politica estera, almeno quella, è una cosa seria. Invece no, anche qui assistiamo alla "tavizzazione" del tema.
Parata militare cinese durante l'ultima riunione dell'Assemblea Nazionale del Popolo (Foto Ansa).Secondo un copione ormai consumato, un dejà vu, Cinque Stelle e Lega sono arrivati all'appuntamento perfettamente divisi. Non potendo nascondere ciò che è evidente (lo spostamento dell'asse della politica estera da Occidente a Oriente), è cominciata la sagra delle distinzioni e delle precisazioni. Così il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, dopo aver scoperto l'America, ieri ha detto che l'accordo sulla Belt and Road avrà solo "nobili intenti per migliorare relazioni economiche e commerciali", ma nessun impegno che possa creare "interferenze di ordine strategico per il consolidato posizionamento del Paese". Salvini ha aggiunto che "il trattamento dei dati sensibili è un tema di sicurezza e interesse nazionale, quindi il discorso delle tlc e del trattamento dei dati sensibili non può essere solo meramente economico". Siamo di nuovo tutti americani? Non sembra, perché ancora una volta siamo agli antipodi rispetto a quanto fa materialmente il Movimento Cinque Stelle che dell'intesa tra Italia e Cina è l'artefice con il sottosegretario alla Sviluppo Economico Michele Geraci. È il ministero di Luigi Di Maio a tessere la tela. Qualcuno ha visto il memorandum oltre ai Cinque Stelle? Il ministro degli Esteri ne è a conoscenza? Si liquida il documento come una cosa del tutto insignificante, ma è proprio questa deliberata sottovalutazione a far crescere i sospetti che in realtà sia il classico cavallo di Troia che poi conduce a conseguenze inattese.
Il presidente della Cina il 22 e 23 marzo sarà a Roma. Xi Jinping sa cosa vuole e a cosa punta. Noi lo sappiamo?
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Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.